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Xenía Book Fair: “Cultura e accoglienza migliorano la vita di una nazione”

Il Gesuita Nicolò Mazza con Cecile Kyenge

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La sua storia è quella di una ragazza benestante, di etnia bakunda: una famiglia ampia, 38 fratelli, suo padre ha diverse mogli. Decide di iscriversi in Medicina, e ci riesce, nonostante le difficoltà incontrate.
Parte presto per l’Italia, ma i soldi della borsa di studio non arrivano, e per mantenersi deve fare la badante, come moltissime donne immigrate
In quegli anni, però, ha fatto esperienza di accoglienza, in molti l’hanno aiutata, può parlarcene?
Quando arrivai in Italia con il preciso intento di studiare medicina ebbi una serie infinita di imprevisti. Ad esempio l’esame per accedere si era svolto prima del tempo e quindi non potevo iscrivermi subito, né avevo diritto alla borsa di studio. Non immaginavo che facesse tanto freddo e non avevo abiti adeguati, vi fu perfino uno scambio di persona rispetto al sacerdote che mi era stato indicato come riferimento. Ma questi disagi furono un’opportunità per conoscere persone che mi sono state molto vicine, divenendo dei riferimenti importanti per la mia vita.
Ricordo con affetto Padre Bekes, rifugiato politico ungherese che fu il primo a offrirmi un’opportunità e a credere in me. A lui si aggiungono altri ricordi di persone che hanno segnato la mia vita con la loro generosità: Adele Pignatelli, Elisabetta Tarire, Marisa Scolari, la famiglia Macrì di Roccella Jonica, la famiglia Lamberti di Torre del Greco e Monsignor Musaragno di Roma. Sono solo alcuni volti che incarnano quello spirito di accoglienza e solidarietà che caratterizzano il popolo italiano.
Allora non vi era il rigetto verso gli stranieri, ma più curiosità e apertura. Credo che chi predica l’odio e la paura in nome della salvaguardia delle tradizioni italiane stia invece contribuendo a smarrirle. Sta smarrendo quello aspetto così bello che è l’apertura all’incontro con l’altro.
Non ha mai smesso di interessarsi all’integrazione e alla promozione della conoscenza reciproca delle culture. Nel suo libro “Ho sognato una strada”, edito da Piemme, parla dell’importanza del “meticciato”….
Vorrei che fosse chiara una cosa: non esistono paesi monoculturali, ma solo pluriculturali. Il meticciato non è una opzione, esso è una condizione necessaria dell’esistenza umana fin dai suoi primordi. Infatti gli uomini si sono sempre spostati nello spazio, mescolando i loro saperi e le loro tradizioni. Se non fosse stato così, se ogni popolo fosse rimasto chiuso e privo di scambi e comunicazioni con l’esterno, non ci sarebbe mai stato né progresso né varietà.
La stessa bellezza dell’Italia è dovuta all’elevato grado di meticciato della sua storia: la ricchezza del suo patrimonio culturale, la dolcezza dei suoi paesaggi, l’eloquenza della sua lingua sono il lascito di molti popoli. Da questa ibridazione dipende lo splendore dell’arte e dell’architettura italiana fatta di templi greci, chiese bizantine e longobarde, di palazzi arabo-normanni, del barocco spagnolo, del rigore austro-ungarico.
La Calabria è una terra tra le prime ad accogliere i disperati che fuggono da persecuzioni e guerre. È una regione che lei conosce per almeno due motivi. Intanto perché nel 2013 le è stata conferita la cittadinanza onoraria di Roccella Jonica, ma ancor di più per il suo matrimonio con un ingegnere di Modena, con radici calabresi.
Ho un rapporto molto forte con la Calabria, vi ho trascorso tante estati e inoltre la famiglia di mio marito, per quanto in parte trapiantata in Emilia Romagna, mantiene molte delle caratteristiche della regione di provenienza: legami familiari forti, cibo magnifico e abbondante, grande ospitalità e generosità. Il Sud Italia essendo il centro del Mediterraneo, è stato sempre attraversato da molti popoli che si sono talvolta scontrati e talvolta incontrati, dando luogo ad una cultura variegata e ricchissima.
Gli attuali sbarchi di profughi non sono una novità, ma sono la continuazione di una storia millenaria. Anche Enea, fuggito da una guerra in Medio Oriente trovò scampo e rifugio sulle coste dell’Italia Meridionale.
In questo quadro l’accoglienza dell’ospite e dello straniero, oltre che un principio morale e religioso, era una forma di difesa. Aprire le porte allo straniero, accoglierlo e nutrirlo, significa smorzare il suo potenziale aggressivo, facendoselo amico e alleato. Io credo che anche come strategia per la sicurezza funziona meglio l’accoglienza dei recinti e degli sceriffi.
Xenía Book Fair 2015 è la Prima Fiera del Libro all’aperto a Reggio Calabria, dedicata al tema dell’ospitalità, un evento grazie al quale si desidera recuperare un tratto decisivo delle nostre radici culturali e promuovere e valorizzare una cultura dell’accoglienza. Lei ritiene possa essere un’opportunità importante in questo momento storico in cui Reggio è nuovamente meta di sbarchi?
Legare il tema della cultura e dell’etica, dei libri e dell’accoglienza è decisamente importante. La cultura e l’ospitalità hanno un tratto comune: mettono al centro la persona umana, promuovendo la crescita e il benessere di tutti. Trattare gli esseri umani come fini e non come mezzi credo sia il nostro obiettivo comune.
Ida Nucera