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Vero uomo e vero Dio, Cristo rivela il volto del Signore

trasfigurazione

Domenica scorsa, nel racconto delle tentazioni nel deserto, Egli veniva presentato come vero uomo, in tutto simile a noi eccetto il peccato; con il racconto della Trasfigurazione si mostra come vero Dio, l’unico capace di vincere tutte le negatività che accompagnano la vita dell’uomo, l’unico capace di farci passare persino dalla morte alla vita. È in questa chiave pasquale che dobbiamo leggere sempre i Vangeli ed è sempre così che dobbiamo vivere non solo l’itinerario quaresimale da poco intrapreso, ma tutta la nostra vita cristiana. Ed è così che vogliamo leggere anche la pagina odierna, ricca come sempre di indicazioni utili per perseguire questo nostro impegno. Cerchiamo di individuarne alcune.

La prima è il fatto che Gesù “prese con sè Pietro, Giovanni e Giacomo” e li portò a pregare. Un’immagine bellissima che ci ricorda quella di un buon papà/mamma di famiglia che tiene per mano i propri figli, per condurli sì sul monte, segno della fatica per la salita (ascesi), ma anche per guidarli a ciò che è più indispensabile per il loro bene e serenità, la preghiera.
La presenza rassicurante di Gesù e la consolazione della preghiera producono immediatamente un effetto straordinario, quasi un’estasi, intesa non una manifestazione mistica da persone esaltate e invasate, bensì la perfetta immersione nelle realtà spirituali e celesti, che produce un certo senso di rapimento, uno stato di perfetta pace e di totale abbandono all’amore di Dio. Gli stessi apostoli vorrebbero non finisse mai questa irrepetibile esperienza, che anticipa la gloria eterna in una condizione di paradiso in terra.
“È bello per noi essere qui” sono le parole dei tre discepoli adesso totalmente entusiasti, nel senso etimologico del termine, ossia pienamente immersi en-Teos, in Dio. Dobbiamo riconoscere che ben poche volte abbiamo vissuto esperienze mistiche tanto profonde, eppure non possiamo non convenire che qualcosa di simile accade ogni qual volta partecipiamo alla celebrazione eucaristica. È lì il nostro monte della Trasfigurazione, è lì che il Signore si rende realmente presente, glorioso e potente negli umili segni del pane e del vino. Eppure quanta indifferenza! Quanta distrazione davanti al mistero eucaristico! Certamente la recente pandemia ha dato il colpo di grazia, non solo facendoci perdere il gusto e la gioia di partecipare a messa, per cui dovremmo ogni volta ripetere: “È bello per noi essere qui”, ma addirittura portando molti fedeli a disertare con estrema facilità quello che dovrebbe essere l’appuntamento spirituale per eccellenza.
Un’ultima parola su quell’accorato invito del Padre: “Questo è il figlio mio, l’eletto; ascoltatelo”, un’esortazione all’ascolto, che ci ricorda il famoso ab-audire che fonda l’obbedienza della fede, indispensabile per vincere le nubi delle nostre fragilità umane e le paure del nostro domani. Ed è per questo che la preghiera di colletta di oggi ci fa dire: “Donaci un cuore docile”. Ecco allora la “docibilitas”, l’arte di saper fare dell’ascolto il primo impegno spirituale, l’abilità a saper ascoltare ancor prima di voler dire e parlare ad ogni costo, la disponibilità ad un discepolato permanente, a tutto campo, che ci porta ad obbedire alla volontà di Dio, anche quando non è più gratificante ed esaltate come quella sul monte della Trasfigurazione, ma mortificante e dolorosa come avverrà tra qualche settimana, quando insieme a Gesù saliremo sul monte della sofferenza e della prova, sul calvario del dolore e della morte. Ed è solo per questa nostra docibilitas che possiamo ottenere quanto chiediamo nella preghiera, ossia “seguirlo sulla via della croce per essere trasfigurati a immagine del suo corpo glorioso”.