Cerca
Close this search box.

Triplice giubileo sacerdotale, una festa di famiglia

Mons. Morosini celebra il Giubileo Sacerdotale di Mons. Iachino, Mons. Palmenta e Mons. Lauro a Reggio Calabria

{module AddThis}
Come cinquant’anni fa, allorquando ricevettero la consacrazione sacerdotale con l’imposizione delle mani ad opera del mai dimenticato Arcivescovo Giovanni Ferro. Prendendo a prestito le parole di don Nino Pangallo, “il giubileo sacerdotale è un’occasione propizia” per esternare il sentimento di gratitudine a nome delle comunità che hanno servito per tempo immemorabile e con grande passione e amorevolezza continuano a servire.
Dei tre il primo in ordine alfabetico è don Nino Iachino e a lui spetta questo iniziale intervento. Non me ne vogliano don Umberto Lauro e don Nino Palmenta. Ho avuto modo di veder all’opera nella piccola frazione di San Pantaleone don Iachino appena ordinato sacerdote. Mi è venuto spontaneo paragonarlo al protagonista del bel romanzo “Diario di un curato di campagna” di Georges Bernanos, scritto soltanto nel 1936 e dunque appena trent’anni prima. Don Iachino ha anticipato i tempi di Papa Francesco e si è trasferito in una delle periferie del mondo, dove la sua opera è stata incisiva e sul piano religioso e sul piano sociale.
Il contatto con una realtà marginale verosimilmente gli ha fatto comprendere appieno, ove ce ne fosse stato bisogno, la centralità del sacramento della Carità e gli ha affinato una sensibilità speciale verso il mondo degli emarginati, che sarebbero divenuti nel prosieguo del suo ministero la sua principale occupazione e preoccupazione. Nutrito di un forte pensiero socio-religioso, ha prima affiancato il grande don Italo Calabrò, per poi con naturalezza raccoglierne l’eredità. Bene ha fatto, pertanto, la Caritas Diocesana per la penna di Gianni Marcianò, a “dedicargli una preziosa pubblicazione che raccoglie alcuni suoi scritti fondamentali”, di cui diamo un resoconto nell’articolo qui in basso.
In conclusione, attingendo alla Gaudium et Spes, con don Iachino concordiamo che “le gioie, le speranze le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono” devono essere fatti propri dai discepoli di Cristo, ai quali nulla di ciò che è umano è indifferente.

Fortunato Mangiola