L’appuntamento è domani (martedì 6 dicembre), alle 21 presso la Stazione centrale di Reggio Calabria. Non casuale il luogo scelto, simbolo dello sfruttamento in strada. Tutti i partecipanti, guidati dall’arcivescovo Fortunato Morrone, pregheranno il Rosario.
L’iniziativa è promossa dalla Caritas diocesana di Reggio Calabria – Bova e ha come finalità sostenere la preziosa opera svolta dall’unità di strada delle Chiesa reggina denominata “Delicati segni di speranza”. Unità da anni al fianco di donne e ragazze schiavizzate dalla rete della prostituzione di strada. La frase che accompagnerà la riflessione di quest’anno è “Dal buio alla luce”.
L’intento della veglia, infatti, è portare alla luce un fenomeno che dalla strada si è spostato, soprattutto negli anni della pandemia, nel chiuso delle abitazioni. Da qui la difficoltà di intercettarlo per poter prestare aiuto e assistenza a donne e ragazze, alcune delle quali davvero giovanissime, che vorrebbero liberarsi dalla condizione di schiavitù in cui si sono trovate.
L’invito a partecipare al momento di preghiera e riflessione di martedì è stato rivolto anche ai più giovani, con l’intento, spiegano gli organizzatori, «di far capire loro, che sono il futuro, la dimensione reale di un problema di cui si parla tanto, ma spesso in modo distorto».
Il progetto “Delicati segni di speranza” ha la finalità di migliorare la qualità della vita delle donne che vivono la strada a causa della prostituzione, affrontando le varie circostanze in cui la dignità della persona viene lesa, attraverso lo svolgimento di azioni dirette alla prevenzione, al sostegno e all’eventuale reinserimento. È rivolto, in primo luogo, alle ragazze, minori e adulte, e alle famiglie, turbate nella sacralità del loro quotidiano, laddove i figli o i mariti cedano alle lusinghe di un sistema che è il portato di schiavitù e degrado.
In secondo luogo, si tratta di un percorso che tocca la comunità territoriale, che perde la battaglia della tutela della sacralità della vita umana. L’unità di strada nasce come risposta cristiana al grido silenzioso di tutte quelle donne che, maltrattate e umiliate, sono costrette a prostituirsi. «Ci accostiamo a loro in maniera delicata, ma nel chiuso di un appartamento è più difficile», dichiara la coordinatrice, suor Eva Furiani, superiora delle suore Francescane alcantarine di Archi. «Per questo – continua – ci impegniamo ad essere una piccola luce per queste donne.
Pregare insieme, chiamarle per nome, stare loro accanto nel momento del bisogno, vuol dir molto per una persona che viene trattata come un oggetto».