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Ha descritto nei particolari come vive, anzi come sopravvive un “Paese dai mille volti e con dieci milioni di persone. Senza conoscere la lingua – ha ricordato suor Maria Teresa – sono andata per aprire le porte della speranza ad un Paese intriso di povertà e miseria e senza fiducie”.
La religiosa ha compiuto un ampio excursus, rammentando tutto quello che ha trovato ad Haiti affermando che è “difficile da descriversi. Il primo anno è stato molto arduo – la suora è rimasta ad Haiti quattro anni – l’anagrafe non esiste e c’è gente che vive anche tre giorni senza mangiare se non qualche frutto. Il modus vivendi era ed è quello della schiavitù, tutti hanno un superiore a cui rendere conto dell’operato. I bambini che vanno a scuola sono il 50%, perché le famiglie non sono in grado di pagare nulla.
La scuola vicina alla parrocchia è frequentata da circa 250 bambini e, con i soldi che arrivavano dall’Italia, potevamo assicurare un pasto al giorno, fornendo anche il vestiario. Per gli abitanti, tutti di origine africana, – ha notato suor Maria Teresa – “bianco” è uguale a soldi ed era strano per loro che noi non avessimo non solo soldi, ma qualcuno che ci servisse. Non esiste la famiglia tradizionale, – ha rilevato la religiosa – esiste solo la mamma.
Le malattie sono vissute in modo tale per cui si muore senza sapere perché e la famiglia non partecipa ai funerali non solo per motivi religiosi, ma anche per il fatto di non possedere un abito nuovo”. La suora, che ha “perso” tredici chili in un anno, ha ricordato il devastante terremoto che ha sconvolto Haiti – 250.000 morti – e a causa del quale tutto il mondo civile ha inviato aiuti che si sono persi in mille rivoli di corruzione. Insomma, una situazione quasi insostenibile da tutti i punti di vista se si pensa che “morte e vita sono vissute senza dignità”.
Pietro Parisi