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«Sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo»

La festa odierna ci ricorda allora che come cristiani noi crediamo in un solo Dio in tre persone. Questa nostra prima e grande verità di fede non può mai risolversi con le categorie scientifiche ma teologiche, ossia più con il cuore che con la testa. Non a caso da sempre i grandi santi e teologi della Chiesa hanno cercato di trovare risposte concretamente adeguate e altamente fondate, ma poi tutti hanno finito con l’affermare l’unica categoria vera, concreta e reale, quella dell’amore. Da qui la convinzione che il nostro Dio è essenzialmente e innanzitutto comunione d’amore e non arida solitudine, comunione perfetta e vitale tra Padre e Figlio e Spirito Santo, comunione che la spiritualità descriverà in seguito come relazione perfetta tra le tre persone definite semplicemente e rispettivamente Amante, Amato e Amore. Mi pare molto significativo il fatto che per questa memoria festosa della Trinità lo stesso Vangelo non offre formule, non proclama dogmi, non emette teoremi, né cade in dispute teologiche, ma si limita a parlarci semplicemente di un incontro su un determinato monte che Gesù stesso aveva precedentemente indicato. Parliamo di un vero e proprio appuntamento, con le caratteristiche di affinità, simpatia e attrazione che possono permettere a due o più persone di sviluppare un’eventuale possibile relazione di amicizia e collaborazione. Sappiamo bene la simbologia che la categoria monte assume nella Bibbia, a cominciare dal monte Sinai fino al monte Tabor, così come tutte le alture di Sion, considerati luoghi della teofania di Dio, luoghi cioè dove Dio si rivela, si manifesta, si offre per un incontro. Certo, la salita su un qualsiasi monte richiede sforzo, fatica, sudore, ma il risultato, rappresentato dalla bella vista di tutto ciò che si può ammirare e contemplare dall’alto, ci fa comprendere che ne è valsa la pena. L’incontro di Gesù con i suoi discepoli avviene e l’evangelista lo descrive con due atteggiamenti particolari, a primo acchito contraddittori, fede e nello tesso tempo dubbio: «Quando lo videro si prostrarono, essi però dubitarono». Viene spontaneo chiedersi: credono per cui si prostrano, oppure dubitano per cui restano impalati? La risposta ce la dà sempre lo stesso Vangelo attraverso l’atteggiamento di Gesù, che non si scandalizza, non si infastidisce, non si meraviglia del loro comportamento ancora così restio e riluttante ma, quasi ignaro e incosciente di questa loro persistente poca fede e incertezza, li manda ex autoritate per compiere alcuni compiti specifici: fare discepole tutte le nazioni (governare), battezzare nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo (santificare), invitare tutti a osservare i suoi comandamenti (insegnare). La conclusione della pagina del Vangelo è infine senza pari in tenerezza e misericordia, perché è la parola più bella e incoraggiante che tutti vorremmo quotidianamente sentirci dire da parte del Maestro, che costantemente ci invita a superare ogni paura, dubbio e negatività: «Ecco io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo». Il mistero della Santissima Trinità è così presto risolto e adesso ci appare non più un enigma inspiegabile, un dogma incomprensibile, ma la dichiarazione e testimonianza di amore più bella del mondo. Quanto i comportamenti della nostra vita scaturiscono dalla contemplazione dell’Amore trinitario? Più adoriamo questo mistero, più gesti e parole che poniamo in essere saranno improntati alla comunione con i fratelli. Saliamo dunque anche noi sul monte della vera bellezza, la comunione d’amore, perché scendendo a valle possiamo superare i dubbi di fede e sperimentare che la gioia più grande che può capitarci è suscitare nei fratelli il desiderio di essere battezzati, continuamente immersi in un amore personale, relazionale e fruttuoso.