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Solo Dio ti rivela il tuo vero nome

Immaginiamo Elisabetta come una donna forte che per anni ha saputo far fronte agli sguardi sospettosi e maliziosi di chi vedeva nella sua sterilità una colpa verso Dio. La sua fede è rimasta salda e alle parole dell’angelo che annunciava la nascita di un figlio ha creduto, nonostante il comprensibile disagio, e ha sentito rinverdire il suo grembo. Un esempio grandioso di chi, a dispetto dell’età avanzata, non ha perso la fanciullezza dell’anima e la freschezza di chi sa attendere i tempi di Dio. Ormai sono rotti gli indugi e dinanzi all’evidenza del dono si sprigiona la gioia di vicini e parenti, che colgono nel bambino un segno della misericordia di Dio per la coppia. Manca ancora il nome del piccolo, attribuito secondo gli usi l’ottavo giorno con la circoncisione, allorquando il figlio entrava nella benedizione di Abramo. Non ha nome forse perché ancora non è pienamente definibile e intelligibile: ci vorrà del tempo perché la sua vocazione sia compresa dagli altri e anche perché egli comprenda se stesso. I doni del Signore, e tra questi il dono per eccellenza, ossia la vita intesa come progetto d’amore che viene dall’alto, richiedono un discernimento lungo e paziente per essere impiegati secondo il fine per cui Dio li ha concessi. Che tristezza, invece, vedere che il dono viene stravolto, come tante intelligenze prestate alla costruzione di armi o altri strumenti di morte! Tuttavia una mamma come Elisabetta, abituata a sentire i battiti del cuore del figlio che si muove dentro di lei, riesce a cogliere in questo canto di vita la voce del Creatore, credendo alla voce dell’angelo che aveva rivelato al marito il nome del bambino. «Si chiamerà Giovanni», e non Zaccaria; con la sua vita dovrà testimoniare il dono di Dio che fa grazia (è questo il significato del nome) e non il semplice inserimento in una storia già scritta da altri, che non lascia molto spazio alla libertà e creatività personale. Solo Dio ti rivela il tuo vero nome, quella identità profonda che ti permette di essere te stesso dinanzi al mondo, senza conformismi o la paura di deludere qualcuno per il semplice fatto di non essere come lui desidera. Zaccaria, che era diventato muto, conferma il nome indicato dalla moglie incidendolo su una tavoletta. Egli proprio nel momento più importante della vita non può gridare al mondo la sua gioia. La sua incredulità lo aveva reso incapace di parlare; proprio lui che, per il ruolo di sacerdote, aveva passato la vita a raccontare la potenza di Dio e le sue meraviglie, adesso si ritrova muto perché non si è fidato. Perché è così difficile credere? Forse perché non ha saputo spostare lo sguardo, rimanendo fisso su se stesso e sulla sua condizione, e non si era accorto della novità che Dio voleva recargli. In questi casi il silenzio, per quanto difficile e pesante, è essenziale, diventa lo spazio vitale dentro il quale si può imparare nuovamente ad ascoltare e aprire il cuore alla volontà di Dio. Per tutti questi mesi Zaccaria ha maturato nel silenzio una nuova relazione con Dio e dinanzi al dono che si è compiuto e che ora viene guardato da una prospettiva divina, guarisce. Non appena abbandona le sue aspettative e smette di ragionare secondo le sue categorie, ritrova la parola. In quel silenzio durato nove mesi ha avuto il tempo di accorgersi dell’opera di Dio, e adesso che può parlare la prima cosa che fa è benedirlo. Ed è proprio cosi che succede, quando ripercorri il tuo passato e ti accorgi di come Dio ha agito nella tua vita. Un senso di profonda gratitudine e di immensa gioia ti invade e non puoi fare altro che lodare il Signore poiché ti rendi conto che è sempre stato con te, è sempre stato fedele anche di fronte alle tue infedeltà. «Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito», non solo nel fisico e nella mente, perché senza il contatto vivo col Padre, alimentato dalla preghiera e dalle mortificazioni, l’uomo non dà corpo a quel nome che Dio gli ha assegnato fin dal grembo materno.