Dopo l’acqua della samaritana (terza domenica), la luce del cieco nato (domenica scorsa), ci viene presentato oggi il segno della vita nuova, quella dell’amico di Gesù fatto risorgere dai morti. Per noi cristiani il battesimo non è altro che una vera e propria risurrezione, un passaggio dalla morte spirituale alla vita nuova dei figli di Dio, un vero e proprio passaggio (una Pasqua) dove l’uomo vecchio ferito dal peccato cede il passo all’uomo nuovo segnato dalla grazia di Dio.
La pagina del vangelo della risurrezione di Lazzaro, non meno lunga di quella della samaritana e del cieco nato, ci permette di fare, in questo contesto, solo qualche accenno ad alcuni temi.
Il vangelo si apre con un Gesù apparentemente indifferente e insensibile davanti alla sofferenza dell’amico moribondo. Le sorelle Marta e Maria lo mandano a chiamare con urgenza nelle ultime ore di agonia, ma niente, addirittura Egli temporeggia altri due giorni, trattenendosi tranquillamente nel luogo dove si trovava. La sua risposta sarà solo una sorta di precisazione alquanto vaga: “Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio”. Le sorelle addoloratissime sapevano bene che se il Maestro avesse voluto, avrebbe potuto risparmiare loro dal dolore e dal lutto e il fratello dalla malattia e dalla morte, certezza che esprimeranno al momento dell’incontro fisico con Lui: “Signore se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto”. Non ci viene difficile pensare che lo stesso Lazzaro agonizzante, se ancora cosciente, si sarà sentito abbandonato dall’amico fedele, proprio nell’ora estrema della sua vita. La fede ci dice invece che Gesù anche in questa circostanza ha voluto farsi solidale in tutto con la nostra condizione umana, vivendo in prima persona anche il dolore per la perdita delle persone care, espresso persino dal suo scoppiare in lacrime lì davanti a tutti e nello stesso tempo dimostrare la sua potenza capace di superare persino il limite estremo dell’esistenza terrena: la morte.
Ma la parola chiave del vangelo di oggi è certamente risurrezione. Il racconto della risurrezione di Lazzaro ci rimanda alla duplice dimensione di questa importante realtà: quella che ci attende alla fine dei tempi, descritta così da Paolo: “Se lo Spirito di Dio che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, Colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali” (Rm 8,11). Ma sappiamo anche che ogni cristiano dal giorno del suo battesimo è chiamato a una risurrezione spirituale, già nel presente, nel costante impegno di vincere il limite della morte spirituale rappresentata dalle debolezze e fragilità umane, per risorgere e vivere nella libertà dei figli di Dio. Ma di quale morte stiamo parlando? “L’ipocrisia con cui si vive la fede è morte, la critica distruttiva verso gli altri e l’altra calunnia è morte; l’emarginazione del povero è morte… senza Cristo o al di fuori di Cristo non solo non è presente la vita, ma si ricade nella morte” (Papa Francesco).
“Lazzaro vieni fuori”. È il comando di Gesù all’amico deceduto da ben quattro giorni. È un comando anche per noi, chiamati oggi a uscire dai nostri sepolcri scavati dall’ipocrisia e infedeltà. Sepolcri che comunque ci piace abitare perché comodi a favorire la nostra pigrizia spirituale (accidia) e il nostro perbenismo.
Lazzaro viene fuori “con i piedi e le mani legati con bende e il viso coperto da un sudario”. Segue un altro comando del Maestro: “Liberatelo”. È il grido che ci ricorda che il nostro battesimo e tutta la vita cristiana sono una liberazione da tutto ciò che di male e di negativo c’è nella nostra vita, da tutto ciò che è peccato, nella sua duplice espressione, nei confronti di Dio (infedeltà) e nei confronti dei fratelli (mancanze d’amore), e che dobbiamo smascherare con la stessa forza con cui è stato strappato il sudario posto sul volto di Lazzaro.
“Credi tu questo?” È la domanda di Gesù a Marta, ma è anche la domanda fatta ieri alla samaritana e al cieco nato, e oggi anche a ciascuno di noi. Sia la nostra affermativa risposta sempre libera, responsabile e gioiosa, affinché possiamo definitivamente risorgere in Cristo oggi nella vita presente, domani in quella eterna.
Monsignor Giacomo D’Anna