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Si può essere profeti oggi? Il Maestro ci spiega come

La scorsa domenica abbiamo seguito Gesù nella sinagoga di Nazareth. Lì, dopo aver proclamato il significato della sua missione e indicato i poveri come i suoi primi destinatari, con vera audacia annuncia che in Lui si compiono le promesse del Padre, si realizza la Parola eterna di Dio. Detto annuncio suscita nella comunità un duplice atteggiamento indubbiamente contrastante. In un primo momento la gente avverte una certa simpatia e ammirazione nei confronti del novello rabbino, in particolare «per le parole di grazia che uscivano dalla sua bocca»; in un secondo momento emergono sdegno e avversione. Il ministero pubblico di Gesù si apre e si conclude nello stesso modo, passando in un battibaleno dall’ammirazione alla repulsione, dall’osanna al crucifigge. Si realizza in una sola parola quello che con tristezza avevamo ascoltato a Natale nel famoso prologo di Giovanni: «venne tra la sua gente ma i suoi non lo hanno accolto». Non possiamo non chiederci il perché. La risposta sta nel fatto che gli ebrei ieri, e noi oggi, abbiamo un’idea confusa e distorta di Dio e del suo Messia. Infatti anche noi come i giudei ci aspettiamo un Dio sempre potente e miracolistico, pronto ad accogliere ed esaudire tutte le nostre richieste, anche le più assurde, arrivando persino ai ricatti nei suoi confronti: «se non mi dai questo, io da domani non credo più». Con la naturale conseguenza che Cristo non si mette a mercanteggiare con noi sulla fede ma, come quel giorno di grande insuccesso, all’uscita della sinagoga di Nazareth prosegue sicuro il suo cammino. L’altro aspetto che consideriamo è il destino del profeta di ieri e di oggi, di chi è chiamato ad annunciare il Regno di Dio in un mondo sempre più strano e indifferente. Il profeta è innanzitutto testimone, chiamato ad annunciare con la vita la parola che annuncia con le labbra, ad essere qualcuno che vive in prima persona ciò che proclama. A lui non vengono richieste doti eccezionali, poteri straordinari, ma solo la propria normalità, l’essere una persona che crede e che per fede è disposto a fare qualsiasi cosa il Signore gli chieda. È proprio questa normalità che diventa motivo di scandalo a motivo di Gesù ieri e della Chiesa oggi. Di entrambi si pretende la divinità, la soprannaturalità, e non certo l’umanità, la normalità. Infatti di Cristo ci si chiedeva: «non è il figlio di Giuseppe? Non è uno di noi? Se veramente è il Messia, che faccia vedere i suoi miracoli e prodigi!». Parafrasando, della Chiesa si suole dire: se veramente questa è la Chiesa di Dio, perché questi scandali, queste divisioni, queste miserie? È incredibile come in entrambi i casi si neghi l’umanità, mentre dovrebbe essere la cosa più semplice e scontata, in quanto qualcosa di normale, sotto gli occhi d tutti. Entrambi stranamente sono rifiutati in quanto non al di sopra delle nostre aspettative e pretese, bensì in quanto realtà troppo feriali ed ordinarie, mentre si preferisce qualcosa di eccezionale e straordinario. Come accettare un Dio così simile a noi, un Dio così scandalosamente povero, umile e fragile? Come credere che quel tizio, quel nostro concittadino è il figlio Dio, il Messia, il Salvatore? Eppure la sua scelta è stata inequivocabile: farsi in tutto uguale a noi, eccetto il peccato, e volere che la sua Chiesa apparisse non un realtà eccezionale e trionfante, ma una comunità fatta di gente normale, di persone che semplicemente credono in Dio, di Lui si fidano e a Lui si affidano, anche nei momenti più bui dell’esistenza umana, persone comuni che però sanno bene che, per quanto bravi, buoni e santi, non potranno mai salvare il mondo, poiché l’unico salvatore potente e universale è Gesù Cristo nostro Signore. Facciamo nostre le parole belle e significative della preghiera della colletta di questa domenica, che ci fa pregare il Signore «che ha ispirato i profeti perché annunciassero senza timore la parola di giustizia», affinché conceda ai credenti di oggi di non arrossire davanti al vangelo e di annunciarlo con coraggio senza temere l’inimicizia del mondo.