Giovanni anzitutto indica la strada della condivisione, alludendo al vestito e al cibo. La nudità nella Bibbia è simbolo di umiliazione e di punizione; rivestire un corpo nudo significa restituirgli dignità mediante cure amorevoli. Dunque cedere una tunica al fratello vuol dire non solo soccorrerlo nell’indigenza, ma liberarlo da sguardi giudicanti e sprezzanti, cui prima poteva essere esposto, donandogli così la capacità di relazioni sane e paritarie. La condivisione del cibo, con la forza che ne deriva, rimette l’altro in cammino e ti rende collaboratore della sua gioia di raggiungere la meta. È proprio la gioia che dà l’intonazione all’intero testo, anche se a parlare è l’austero Giovanni, che pur avendo apostrofato il popolo «razza di vipere» e aver preconizzato «l’ira imminente», è in realtà in uno stretto legame con la gioia: aveva esultato nel grembo di Elisabetta alla presenza di Gesù e nel vangelo di Giovanni, prima di congedarsi, dirà: «Ora questa mia gioia è piena». Ma qual è il cammino della gioia che il Battista traccia? Oltre alla condivisione, egli indica la via della giustizia. Ai pubblicani dice di accontentarsi di quanto spetta loro, senza peccare di avidità. Anche i soldati devono essere sobri, senza abusare del loro potere né esercitare la violenza per arricchirsi e umiliare. Fare del male a qualcuno anche con le parole, cui può alludere il verbo greco, far piangere, ‘estorcendo’ dunque lacrime e non solo beni, è un’azione alquanto disumana. Infatti il profeta non sta chiedendo delle pratiche religiose, ma di essere umani, di assumere e valorizzare l’umanità degli altri, consentendogli di essere se stessi nella loro verità e libertà, perché «la bestemmia è mettere le cose prima delle persone» (Ermes Ronchi). E proprio perché ogni uomo è diverso dall’altro, Giovanni non dà una risposta preconfezionata, uguale per tutti, ma diversa a seconda di chi si trova di fronte. Ogni uomo ha una sua storia e vive uno stato di vita che gli è proprio, per cui il profeta, con le sue parole, illumina la vita personale di ciascuno e lo aiuta a conformarsi alla volontà di Dio. Tutto ciò elimina ogni sorta di competizione e ci libera dalla tentazione di paragonare la nostra vita a quella degli altri, col rischio di sentirci sempre inadeguati. Chissà quante volte ci siamo chiesti ‘ma cosa devo fare? Cosa vuole Dio da me?’. E chissà quante volte abbiamo cercato le risposte lontano da noi, in un io ideale, finendo col rimandare il bene che potevamo fare qui nel momento presente ad un domani che non arrivava mai, perché non corrispondeva alla verità della nostra esistenza. Oggi Giovanni ci insegna la prima regola del discernimento: fai quello che devi fare e puoi fare, qui ed ora! Fai il tuo dovere adesso, senza aspettare di essere come vorresti essere! Sei un insegnante? Allora di sicuro quello che Dio ti chiede di fare è di santificarti facendo bene il tuo lavoro. Sei una mamma? La tua perfezione la raggiungi spendendoti senza misura per i tuoi figli. Sei un sacerdote? Fai della tua vita una completa donazione a Dio e agli altri. Tutto questo è di una semplicità disarmante, eppure il più delle volte troviamo difficoltà a metterlo in pratica. Ecco perché è su questo punto che il Battista ci invita alla conversione. Ed è una conversione che nessun altro può fare al nostro posto, perché la vita è nostra e ne siamo personalmente responsabili.
La gente, sentendolo parlare così, pensava che fosse lui il Messia tanto atteso ma Giovanni si smarca e ci invita ad allargare il cuore, a non fermarci al profumo che sentiamo ma a cercarne la fonte, che è Gesù. Perché è bello ascoltare qualcuno che mi parla di Dio, ma ancora più bello e averlo trovato e vivere sentendo che Dio è con me. E cosa produrrà la sua presenza in noi? Egli separerà la paglia dal frumento. «Abbiamo tanta paglia, tanta parte di noi che non è vita, carta intorno a ciò che veramente conta. E noi finiamo per vivere di quell’involucro e non del contenuto» (Fabio Rosini). Si bruci la paglia!