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Servizio Civile, «a scuola degli ultimi» con la Caritas Reggio Calabria

In occasione della Giornata nazionale del Servizio civile universale abbiamo raccolto tre belle testimonianze di impegno. Sono di tre ragazze che, nell’ultimo anno, si sono spese presso i Centri d’ascolto della Caritas diocesana di Reggio Calabria – Bova.

Il 15 dicembre è la Giornata nazionale del Servizio civile universale. Abbiamo, quindi, provato a conoscere più da vicino alcuni giovani che stanno vivendo questa esperienza con la Caritas diocesana di Reggio Calabria – Bova. Si tratta di Miriam Caprì, Chiara Labate e Erika Neri che hanno risposto alle nostre domande.

Anzitutto, abbiamo chiesto loro perché hanno deciso di vivere questa esperienza. «Mi sono sempre sentita molto vicina a quello che è il mondo del volontariato. Forse perché anche io, per certi versi, mi sono sentita emarginata e quindi, interrogandomi su me stessa, poi mi sono chiesta: “Ma come stanno le altre persone? Stanno realmente bene, come mostrano, oppure no?”. Eh, ma soprattutto mi chiedevo: “Cosa posso fare per quelle persone che stanno male e di cui nessuno si prende cura?”. Oltre a un lavoro che mi arricchisca a livello materiale, ho bisogno di svolgere qualcosa, di avere un ruolo in questa società che possa essere d’aiuto al prossimo» dice Erika ai nostri taccuini.

«Ho deciso di vivere l’esperienza del servizio civile perché porto al polso un braccialetto con la frase di un grande Papa che dice: “Prendi in mano la tua vita e fai un capolavoro”. La mia scelta – spiega Chiara – di fare il servizio civile nasce un po’ come risposta a questo invito a prendere sul serio la propria vita e, successivamente, ho scoperto che riguarda anche la vita degli altri».

Alla prima domanda rivolta alle tre giovani in Servizio Civile in Caritas diocesana ha risposto anche Miriam: «Partiamo dal fatto che io sono una prossima assistente sociale e sono sempre stata attiva nel mondo del sociale. Ma fino ad adesso non ho avuto mai l’occasione di fare servizio, e ho deciso di intraprendere questa esperienza del servizio civile per crescere personalmente e socialmente, per imparare e ampliare anche le mie conoscenze entrando in contatto con molteplici realtà. Ho scelto questo percorso perché volevo fare qualcosa di concreto, qualcosa di utile alla causa, compiendo azioni concrete, informando e sensibilizzando su queste importanti cause che spesso vengono ignorate o sottovalutate. Volevo imparare qualcosa che mi avrebbe aiutato e dato la possibilità di fare effettivamente qualcosa per aiutare gli altri e migliorare in un certo senso il nostro futuro».

Altra domanda sul rapporto con gli emarginati della società, la risposta di Miriam è netta: «Sto imparando ad ascoltare l’altro, ascoltando e non sentendo chi viene e si rivolge a me per un servizio, per qualsiasi tipo di servizio. Sto imparando ad ascoltare, a osservare e a discernere, che non è altro poi che il metodo Caritas».

«Mi sta insegnando a fare bene del bene, cioè se prima avevo già questa propensione nel guardarmi attorno e ascoltare. Adesso posso dire che sto imparando a farlo nella maniera corretta, che sia anche attiva. Il Servizio Civile mi ha permesso di essere appunto parte attiva della società e assumere un ruolo di aiuto incondizionato nei confronti del prossimo, e sono veramente molto felice di aver fatto questa scelta» rincara la dose Erika a cui fa eco Chiara: «In questi mesi, ho imparato a farmi educare da loro e a far cambiare le carte in tavola. Ci sono incontri molto forti che mettono in discussione tutto, sotto ogni punto di vista, personale, umano e spirituale. All’inizio, facevo un po’ fatica a convivere con questa realtà, mentre adesso credo sia decisamente meglio».

Un’esperienza che spariglia le carte in tavola, ma cosa ne sarà in futuro? A tutte e tre abbia chiesto se pensano di continuare a fare volontariato dopo l’anno di Servizio Civile. «Penso di continuare la mia esperienza di volontariato dopo la fine del servizio civile. Un po’ perché sono sempre stata vicina al volontariato, anche se non totalmente coinvolta, e un po’ perché ho scoperto la bellezza del donarsi in maniera gratuita in questi ultimi mesi» tuona subitanea Chiara Labate.

Una consapevolezza abbracciata anche da Erika Neri: «In realtà, questa esperienza mi sta arricchendo così tanto e mi sta facendo stare così bene che ho dato la mia disponibilità a svolgere volontariato nel mio centro di ascolto, oltre le mie ore di servizio, proprio perché mi piace un sacco quello che faccio. Mi piace l’ambiente in cui lavoriamo, siamo una famiglia, e mi piace poter strappare un sorriso, poter far sentire agli altri che c’è qualcuno che pensa a loro, che si preoccupa per loro e che ci siamo, che siamo il loro porto sicuro. Quindi sì, penso proprio che continuerò su questa strada».

Parole che riassumono anche il pensiero di Miriam Caprì che, onestamente, aggiunge un sì «compatibilmente con gli impegni di lavoro e della famiglia». In conclusione di questo breve “forum” sull’esperienza del Servizio Civile in Caritas diocesana, abbiamo chiesto ad Erika, Chiara e Miriam quali consigli darebbero ai giovani che si interrogano se aderire o meno al Servizio Civile.

«Penso che i giovani d’oggi – spiega Erika – non si guardino più attorno se non per ottenere qualcosa o per raggiungere degli obiettivi che li portino al successo, una vita piena di cose che, per la maggior parte, sono cose materiali. Si sta perdendo un sacco il senso di comunità e questo l’ho capito grazie al Servizio Civile. Mi dispiace molto. Vorrei che i ragazzi come me cominciassero a riflettere su questo, cominciassero a pensare che non basta il bene individuale perché se manca il bene collettivo, la società intera collassa e ne risentiremo tutti».

«Il consiglio che posso dare è, innanzitutto, di farlo e di portare con voi un bagaglio veramente grande. Spesso – aggiunge Chiara – siamo convinti di essere noi a dare qualcosa ai nostri amici che incontriamo ogni giorno al centro, ma scoprirete che è tutto il contrario. Quindi, consiglio di indossare scarpe e abiti comodi e di portare uno zaino veramente grande per riempirlo della bellezza che scoprirete ogni giorno, passo dopo passo, anche in quegli incontri che vi metteranno a dura prova. Scoprirete una bellezza che è tipica dell’agilità umana, quindi fatelo».

Conclude Miriam: «Consiglio ai giovani che si interrogano se aderire o meno al servizio civile di farlo, in quanto è un modo per arricchirsi, per dare qualcosa e ricevere qualcosa anche loro. Magari sono spaventati, sono smarriti, per questo non vogliono farlo, ma sono pienamente convinta che con le giuste informazioni e col giusto spirito, anche loro potranno ricevere tanto, in quanto questo servizio si potrebbe riassumere con due parole: dono e reciprocità».