Cerca
Close this search box.

Senza di Dio non possiamo far nulla

Gesù deve sentire ancora una volta la gente che mormora su di Lui, o meglio sulle sue origini. Il fatto che Egli avesse affermato che era venuto dal cielo, non può essere accettato dai suoi connazionali, che conoscono bene la sua provenienza, assolutamente terrena. La mormorazione, che noi comunemente associamo ai pettegolezzi, alle maldicenze, e a volte persino alle calunnie e alla diffamazione, è da tutti considerata odiosa e abominevole. Che fastidio ci dà quando viene rivolta a noi, ma chi di noi può dire di non essere mai caduto in questo grande difetto, che non è per niente da considerare un peccato veniale?
Gesù continua il suo discorso sul pane della vita. Ancora una volta, quando dialoga con la gente semplice, utilizza immagini comprensibili a tutti, dal profondo significato simbolico. Il pane è l’alimento è più comune e accessibile a tutti, il cibo per eccellenza, presente sulle nostre tavole da sempre, preparato con elementi essenziali, un po’ di farina e sale, e realizzato con l’arte dell’impasto e della lievitazione. Gesù nel discorso di oggi parte dal pane materiale per arrivare al cibo di vita eterna, che identifica con se stesso. Tutto il suo discorso ruota intorno al verbo “mangiare”. Un gesto semplice e quotidiano, ma nello stesso tempo essenziale, vitale, indispensabile. Non a caso quando parliamo dell’importanza della presenza eucaristica nella nostra vita, del nostro ineludibile impegno di partecipare almeno la domenica al banchetto eucaristico, ricordiamo che, come il nostro corpo non può vivere se non mangia, anche la nostra anima è destinata a morire o comunque a non crescere e vivere bene se la lasciamo morire di inedia, ossia se non le diamo da mangiare il pane della vita, il Corpo del Signore. Eppure con quanta facilità molti che pur si dicono cristiani disertano l’assemblea eucaristica per anni e anni!
Nel verbo mangiare, che richiama inequivocabilmente l’espressione di Gesù nell’ultima cena, “Prendete e mangiate, questo è il mio corpo!”, sta il senso vero della nostra fede in Dio, che non si limita a darci qualcosa di se stesso, come una sorta di souvenir, di reliquia, ma ci dà il suo stesso Corpo, ci dà il pane della vita, ci regala cioè tutto se stesso, la sua stessa vita. Come è stato evidenziato dai più grandi teologi, in genere noi assimiliamo quello che mangiamo: mangiando il pane della vita, invece, avviene il contrario, ossia siamo noi ad essere assimilati dall’alimento mangiato, nel senso che diventiamo quello che mangiamo, prendiamo “bocconi di cielo”, facciamo nostra la sua stessa vita, assumiamo i suoi sogni, acquisiamo gli stessi suoi desideri, impariamo a pensare, ragionare, a vivere come Dio. Impariamo quindi a nutrirci di generosità, bellezza, giustizia e amore; impareremo anche a digiunare, a far a meno cioè dell’indigesto pane dell’egoismo, dell’amor proprio, della cattiveria, tutti cibi che distruggono la nostra vita spirituale.
Un’ultima parola su una frase del vangelo di oggi che non possiamo farci sfuggire: “Nessuno viene a me se non lo attira il Padre”. Un’espressione enigmatica che per qualcuno fa sottendere che la fede, e dunque la vita cristiana, non dipendono da noi, dal nostro desiderio, dal nostro impegno, ma neanche esclusivamente da Dio, quasi che sia il Signore a scegliere chi può andare a Lui e chi deve restare lontano, fuori dalla vita divina. Gesù invece ci vuole ricordare che senza Dio non possiamo far nulla, che se non ci lasciamo nutrire da Lui, pane di vita eterna, non realizzeremo mai alcunché. A noi allora il compito di cercare e trovare l’amore di Dio e la sua giustizia: scopriremo che tutto il resto ci sarà dato in aggiunta.