Nasce allora spontanea una domanda: cos’è che muove il nostro stupore? Di che cosa e quando noi ci stupiamo? La risposta la possiamo trovare nelle stesse parole di Marco, con la sua seconda annotazione: «Egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità e non come i loro scribi». Noi non ci stupiamo per la capacità, l’eloquenza e la bravura di chi parla, di chi forse è capace di solleticare il nostro orecchio, di suscitare il nostro curioso interesse per un contenuto più o meno coinvolgente, ma per meravigliarci dobbiamo essere davanti a qualcuno che parla con autorità. Da qui una seconda domanda: ma cosa significa insegnare con autorità? L’exousia di cui è dotato Gesù non è la capacità o il potere di catturare le mente e il cuore con tecniche o metodologie della comunicazione avanzate, ma il carisma di chi tocca e fa vibrare l’animo degli ascoltatori. Alla luce del Vangelo possiamo dire allora di essere autorevoli se siamo innanzitutto credibili. Eppure anche oggi, e non distanti da noi, quanti venditori di fumo, guru, che sanno interessare, coinvolgere e magari fare anche dei proseliti, ma che prima o poi deludono lasciando dietro di loro solo «vuoto a perdere!». Evidentemente si riveleranno profeti di sciagura preoccupati piuttosto di portare la gente a sé, invece che, come il Battista, indicare e far conoscere l’unico Signore e Salvatore. La credibilità allora viene dal fatto di essere sinceramente e totalmente ancorati e innamorati di Dio e non del proprio io, sta nella capacità di parlare e agire non in forza delle proprie capacità e prodezze, ma esclusivamente in virtù della potenza di Dio che libera, guarisce e salva. Si è credibili se essenzialmente testimoni, se siamo cioè disposti a pagare anche con la vita l’annuncio fatto con le labbra. Si è credibili se siamo disposti a far nostre le sofferenze e le difficoltà dei fratelli, se dimostriamo con i fatti, e non semplicemente con le parole, che siamo disposti ad aiutarli, sostenerli, liberarli con tutte le nostre forze, con tutta la nostra vita. Detto questo, Marco ci racconta il primo esorcismo operato da Gesù su un indemoniato, un uomo posseduto da uno spirito impuro, che grida contro Gesù e lo accusa di essere venuto per rovinare e non per salvare. È vero, Gesù è una rovina per tutto quello che non viene da Dio (il male e il peccato) e per tutti quelli che del male e dal peccato hanno fatto la loro bandiera per arricchirsi e diventare qualcuno sulle spalle della povera gente. «Gesù – ha scritto padre Ermes Ronchi – è venuto a rovinare tutto ciò che rovina l’uomo, a demolire ciò che lo imprigiona, a rovinare tutto ciò che non è amore. Per edificare il suo Regno deve mandare in rovina il regno ingannatore degli uomini genuflessi davanti agli idoli impuri: potere, denaro, successo, paure, depressioni, egoismi. È a questi desideri sbagliati, padroni del cuore, che Gesù dice due sole parole: taci, esci da lui». Da questo punto di vista, di quanti esorcismi avremmo un po’ tutti bisogno! Certamente tutti dobbiamo adoperarci contro il male, tutti dobbiamo scegliere le opere di Dio (amore e misericordia) e rigettare le opere del diavolo (male e peccato). E per far questo non bisogna avere carismi particolari o doti straordinarie, ma semplicemente farsi guidare dallo Spirito Santo, seguire fedelmente Gesù e amare di amore sincero i fratelli che Dio mette nel nostro cammino. Solo se arricchiti e irrobustiti da questi semplicissimi doni spirituali, potremo essere autorevoli e credibili come Gesù e ci basterebbero forse solo poche parole le stessi magari di Cristo: «Taci; esci da lui». In questo modo contribuiremmo all’edificazione del Regno di amore, di giustizia e di pace, che Egli è venuto a istaurare con «un insegnamento nuovo dato con autorità».