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«Ricordo il profumo del crisma che unse le mie mani»

casile

Venticinque anni da quell’indimenticabile giorno: quali i ricordi più vivi?

Il ricordo più vivo è quello del profumo del Crisma che unse le mie mani per sempre e che la sera del 28 giugno 1992 riempì con il suo santo effluvio l’auto di don Giorgio Costantino, allora parroco di San Sperato, che mi riaccompagnò a casa dopo la festa in Seminario. Il sogno, coltivato da bambino, di diventare prete si era realizzato e si esprimeva nella forza del Crisma che ora raggiungeva il mio cuore.

I primi passi del suo ministero le hanno fatto vivere la bellezza del sacerdozio anche nell’aiuto offerto ad altri giovani per diventare preti?

Ho iniziato il servizio sacerdotale nella parrocchia di San Sperato in cui sono cresciuto, sostituendo don Giorgio per due mesi, poiché era ammalato. Poi, da settembre, divenni vicerettore del riaperto Seminario di Reggio e parroco di Sant’Alessio in Aspromonte, Laganadi, Podargoni e Schindilifà. Sono stati cinque anni intensi, in cui ho rivissuto la mia formazione e penso di averla trasmessa ai primi sei seminaristi, soprattutto con l’esempio. L’impegno nelle chiese aspromontane mi ha messo a contatto con la fede autentica, forte e umile di tante persone, che ancora oggi rivedo con piacere.

Lungo i suoi 25 anni a servizio della Chiesa ci sono due fasi distinte: quella vissuta a livello diocesano e l’altra vissuta a livello nazionale. Può in estrema sintesi offrirci un profilo dell’una e dell’altra?

Concluso il servizio in seminario, nel settembre del 1996, sono divenuto parroco a Gallico Marina, succedendo a un prete straordinario qual era don Demetrio Sergi. L’impegno parrocchiale a tempo pieno mi ha formato ulteriormente e mi ha permesso una profonda attenzione particolare verso tante persone della parrocchia. L’impegno presso la Conferenza episcopale italiana, da gennaio 1999 a ottobre 2013, con diverse responsabilità, tra cui per otto anni quella di segretario particolare del segretario generale monsignor Betori, mi ha aperto il cuore e la mente a una dimensione ecclesiale ampia e profonda. Gli anni a Roma sono stati un dono di Dio per la mia vita, un’immensa rete di relazioni virtuose con cardinali, vescovi, sacerdoti e presidenti di associazioni nazionali. Penso sia importante rimanere se stessi, al di là dei ruoli ricoperti, che sia la persona a servire la Chiesa e non approfittare del ruolo per servirsi della Chiesa e così realizzare i propri non sempre nobili interessi.

Avendo servito la Chiesa italiana entrando anche nella vita di tante diocesi, può dirci se ha colto, al di là delle differenze, qualcosa che unisce la pastorale dell’Italia intera?

Ciò che unisce le Chiese in Italia è la fede nell’unico Signore, pur nella differenze specifiche di ogni diocesi. L’impegno maggiore è quello di crescere insieme diocesi del nord e del sud, diocesi grandi e piccole, diocesi ricche e povere. Solo aiutandosi reciprocamente nella condivisione dei doni l’intero Paese potrà risollevarsi e scegliere la vita, la famiglia, il lavoro, la pace. Negli ultimi trent’anni la Germania ha lavorato per l’unificazione della propria nazione e ora gode di questo processo positivo. L’Italia, invece, è continuamente dilaniata da politiche divisorie che influiscono negativamente sul proprio sviluppo continuando a sprecare risorse che potevano essere convogliate per il bene dell’intero Paese. L’impegno primario rimane l’annuncio del Vangelo e la formazione a una cultura cristiana per crescere insieme.

Cosa consiglia ai giovani per riuscire a trovare lavoro, senza dover emigrare?

È importante valorizzare i propri talenti, non accontentarsi mai, interessarsi di molte cose per non fossilizzarsi in un solo ambito, fare ogni cosa anche la più semplice nel miglior modo possibile, con cura e precisione. Purtroppo dilaga l’improvvisazione, l’irresponsabilità, l’immaturità quando invece abbiamo bisogno di persone mature, capaci, responsabili, professionali, competenti che valorizzino il nostro territorio per uno sviluppo proprio e non importato che lo ponga in relazione virtuosa con il resto del mondo.

La vita di un parroco nel contesto del mondo di oggi: quali pensa siano i problemi e le sfide più urgenti da affrontare?

Anzitutto il parroco è chiamato a essere se stesso senza ipocrisie e infingimenti, a parlare ai cuori dei fedeli che gli sono stati affidati, nutrirli della parola di Dio e di Gesù, pane di vita eterna, star loro accanto nei momenti lieti e dolorosi della vita.
Gaetana Covelli