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Rendiamoci degni custodi del Tempio del Signore

Certo, colpisce molto vedere un Gesù dal volto infuriato, atteggiamento che non vuole certamente smentire il suo vero modo di essere “mite e umile di cuore”, e dunque sempre attento, disponibile e solidale con tutti. Né tanto meno Cristo intende farsi modello di quelli che, magari ispirandosi a questa immagine, giustificano il loro modo di essere sempre arrabbiati, aggressivi e scontrosi verso tutti, con l’espressione: “sì, ma anche il Signore perse la pazienza e cacciò tutti fuori dal tempio!”. Gesù con questo atteggiamento vuole innanzitutto dimostrare il suo grande amore per la giustizia e per la verità, secondo l’espressione evangelica “lo zelo della tua casa mi divora” (Gv 2,17); la sua insofferenza è contro un modo sbagliato di vivere la propria fede e religiosità, non potendo accettare chi vorrebbe fare della “casa del Padre suo” un mercato. Egli osteggia dunque tutti coloro che pensano di corrompere il Signore con i loro doni, comprandosi così il favore divino, trasferendo anche nella sfera del sacro la logica del do ut des, che porta a pretendere da Dio che ci dia quello che chiediamo, visto che noi prima abbiamo dato a Lui le nostre offerte. Purtroppo sappiamo che c’è stata e c’è gente che serve la Chiesa, e altra gente che si serve della Chiesa; c’è persino chi serve i poveri e chi si serve dei poveri, con lo scopo di acquisire visibilità e ammirazione. Questo è naturalmente inaccettabile e ingiustificabile! Domandiamoci dunque se le nostre chiese siano davvero case accoglienti e ospitali per tutti o non siano pure oggi “luogo di mercato”. E quanti in esse operano sono davvero semplici operai e servitori del Regno o piuttosto mercanti del tempio? Come pastori della Chiesa e laici impegnati non finiremo mai di essere attenti e vigilanti affinché il nostro servizio sia sempre gioioso e disinteressato in modo che la Chiesa di Cristo diventi ogni giorno di più il luogo della presenza di Dio nella storia e nel tempo.
Un secondo spunto di riflessione ci viene offerto dal fatto che Gesù stesso si presenta come il vero tempio: “Distruggete questo tempio… egli parlava del tempio del suo corpo”. Ricordiamo che duplice era il significato del tempio in Israele: esso era il luogo dell’incontro con la presenza di Dio, ma anche il luogo del raduno delle diverse tribù del popolo eletto. In questo gli esegeti leggono una duplice dimensione dello stesso tempio: quella verticale e quella orizzontale. Gesù è tutto questo, in Lui si realizza “l’intima unione con Dio e l’unità del genere umano”. La stessa funzione sarà riconosciuta anche al mistero della Chiesa dal Concilio Vaticano II (LG 1). È in Cristo e nella Chiesa che possiamo fare un’autentica esperienza di Dio e un’autentica esperienza di fraternità.
È bello infine pensare che con la considerazione del corpo del Signore come tempio, in virtù del nostro battesimo, anche il nostro corpo è il luogo della presenza di Dio, per cui la fede si esprime nel cuore di ogni fratello e sorella che incontriamo, e la spiritualità non ha bisogno dei sacrifici antichi di animali, in quanto è sufficiente offrire a Lui la nostra quotidianità, fatta di gioia e dolore, fatica e speranza, come “offerta pura e santa, gradita a Dio”, memori delle parole del Salmo 39: “non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato. Allora ho detto: Ecco, io vengo per fare o Dio tua volontà!”. Impegniamoci allora a fare della nostre persone un tempio vivo dell’amore di Dio e della nostra Chiesa una vera casa del Padre, nella quale nessuno si senta escluso o discriminato, dove non vengono chiuse le porte in faccia a nessuno, ma dove tutti possono sperimentare e gustare la gioia e il calore di un accoglienza vera, cordiale e sincera.