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Quella chiamata da riscoprire

Il Battesimo di Gesù

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Il testo evangelico che ci propone la liturgia è composito, nella prima parte il narratore racconta la distinzione che il Battista fa tra il suo battesimo e quello di Gesù, nella seconda parte viene raccontata la manifestazione di Gesù dopo il battesimo. L’affermazione di Giovanni è una risposta all’attesa messianica del popolo, per dare una corretta risposta, il Battista distingue tra i due battesimi, per fare questo ritiene necessario fare la distinzione tra le due persone, poiché il battesimo è legato strettamente all’identità dei due personaggi.
La distinzione avviene attraverso le categorie della forza e della dignità, il battesimo di Gesù in Spirito Santo e fuoco dipende dalle qualità di forza e di dignità che sono riferite e Gesù, cioè l’azione di Gesù espressa dal suo battesimo dipende dalla sua identità. La dichiarazione di Giovanni necessità di una dimostrazione concreta per il lettore che l’evangelista racconta in modo sobrio, inquadrando l’avvenimento in un clima di preghiera. Quasi a voler prendere le distanze e nello stesso tempo legandolo al battesimo di Giovanni, Luca narra che Gesù ha ricevuto il battesimo, rispetto al vangelo di Marco evita di specificare che è Giovanni a battezzare Gesù, e colloca una manifestazione audio-visiva dopo l’immersione. La visione diventa cruciale non solo per il suo contenuto, ma anche per dare autorità alle parole che vengono dalla voce del cielo.
Non è il Battista che dà autorità a Gesù, lui è il precursore e il testimone che né attesta l’identità, ma la manifestazione audio-visiva che informa il popolo e il lettore della figliolanza divina di Gesù e del compiacimento di Dio nei suoi riguardi. La frase “Tu sei il mio figlio, l’amato, in te mi sono compiaciuto” ricorda l’episodio di Isacco (Gen 22,2.12.16), Isaia 42,1 e il Salmo 2 interpretato dalla teologia messianica, del resto la rivelazione della figliolanza nell’atto del battesimo conferma quanto ha detto l’angelo Gabriele (Lc 1,32.35). Gesù non è soltanto “un figlio”, titolo attribuito frequentemente nell’Antico Testamento, ma colui che ha una relazione unica, stretta e profonda con Dio, resa nota dalla voce celeste.
Il battesimo diventa l’occasione nella quale Gesù viene confermato dal Padre nella sua identità messianica e quindi pronto a iniziare la sua vita pubblica. Nella scena non è impegnato soltanto Gesù, ma il Padre che lo riconosce figlio e lo Spirito che scende su di lui. La missione pubblica viene resa nota al popolo e al lettore.
La scena si collega strettamente all’esortazione di consolazione riportata da Isaia, è in forza di questo rapporto privilegiato con il Padre e della condivisione della sorte del popolo peccatore che Gesù è l’unico che può realizzare l’invito di Dio, la novità non è il suo rapporto con il Padre e neppure la sorte condivisa con il popolo ma le due cose messe insieme in Gesù che diventano azione salvifica. Egli realizza l’invocazione riportata da Isaia: “Se tu squarciassi i cieli e scendessi” (Is 63,19), nell’obbedienza di Gesù il cielo si è aperto sulla terra, la sua vita terrena, contenuta tra il battesimo e l’ascensione, è lo sguardo di Dio sul mondo che realizza un’altra invocazione: “Fa splendere il tuo volto e noi saremo salvi” (Sl 79).
In questi pochi versetti l’evangelista racconta la manifestazione di Gesù per farci comprendere che significa Spirito santo e fuoco, che Paolo nella lettera a Tito rende comprensibile con queste parole: “Quando si sono manifestati la bontà di Dio, Salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini egli ci ha salvati per la sua misericordia mediante un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito santo, effuso da lui su di noi abbondantemente per mezzo di Gesù Cristo, Salvatore nostro, perché giustificati dalla sua grazia diventassimo eredi, secondo la speranza, della vita eterna.