{module AddThis}Il cammino di fede nella risurrezione di Gesù è un processo forse non così lungo ma complicato, non basta, per dare l’assenso, costatare la presenza del Risorto poiché lo spavento da una parte e la gioia dall’altra possono diventare degli ostacoli a questa meravigliosa esperienza. Il cammino di fede si presenta come un’azione umana che decide di aderire a ciò che vede ma necessità la parola di Cristo perché questa visione sia liberata da ciò che la fragilità terrena continuamente pone.
Il brano evangelico della terza domenica di Pasqua sembra una sintesi conclusiva del brano precedente (L’apparizione di Gesù ai discepoli di Emmaus) ma in realtà il narratore con un racconto breve, nello spazio e nel tempo, ci vuole comunicare un ulteriore significato. Il senso è portato dalle parole di Gesù che diventa il vero ermeneuta non solo dell’evento narrato, la sua apparizione, ma di tutta la Scrittura. In questo modo, e con questo ruolo, oggi come allora egli si mette accanto a noi e cerca di aiutarci a superare gli ostacoli presenti nel cammino di fede, perché confermati in questo processo possiamo divenire suoi testimoni.
L’unica e fondamentale azione del brano è l’apparizione di Gesù in mezzo al gruppo dei discepoli, di per sé la visione della persona di Gesù dovrebbe bastare a suscitare la fede, fermo restando il concetto che per credere bisogna vedere, invece, nel nostro caso, la manifestazione di Gesù non conclude il processo di fede ma lo apre attraverso alcuni dubbi. Il primo dubbio nasce dalla paura, i discepoli pensano che quello che stiano vedendo sia un fantasma, diventano importanti le parole di Gesù che invitano a cogliere nella presenza una corporeità sperimentabile attraverso il tatto. Il secondo dubbio nasce dalla gioia, oggettivamente un sentimento positivo, che in questa situazione blocca il cammino di fede, forse perché troppo vicini all’oggetto desiderato si ritiene irreale. Anche in questo dubbio diventano importanti le parole di Gesù che mostra come il suo corpo si nutre. In entrambi i casi ciò che è impossibile per i discepoli, anche se è visibile, viene reso comprensibile dalle parole di Gesù.
Ed è ancora sulla parola che Gesù pone l’accento nel terzo momento del brano, una parola annunciata in un tempo passato che diventa realtà sperimentabile oggi, una parola che viene annunciata oggi che attende di diventare realtà in un tempo futuro. In questo punto il brano richiede la massima attenzione perché raggiunge il vertice del senso: è possibile credere che la parola “annunciata” oggi troverà compimento nel futuro nella misura in cui si fa esperienza concreta di una parola annunciata nel passato e compiuta nel presente. Ecco come va capito l’invito di Gesù a entrare nella Scrittura. A cosa serve sapere prima quello che accadrà se non possiamo cambiarlo? Serve a prepararsi a comprendere, accettare, accogliere e condividere. Ed è per questo che Gesù ha comunicato ai suoi discepoli l’evento della sua morte e risurrezione, perché attraverso quest’esperienza possano acquisire la necessaria fede che questo evento è stato compiuto perché sia predicato alle genti per la conversione dei peccati. Solo su questa fede suscitata dalla parola di Gesù, si potrà poggiare l’atto costitutivo della testimonianza nei confronti dell’opera redentiva di Gesù. È possibile realizzare questo secondo evento, per ora solo annunciato, nella misura in cui la parola di Gesù vie accolta con fede e annunciata. È possibile per i discepoli vincere le loro fragilità e i loro dubbi su qualcosa che ancora de avvenire? Sì, perché Gesù attraverso la parola e i gesti ha mostrato che in questo cammino di comprensione di fede non sono soli, ma che Lui è dalla loro parte.