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Pietro e il rimprovero di Gesù che non allontana

Il Vangelo di questa domenica va letto in continuità con quello di domenica scorsa. Nella nota pagina della confessione di Pietro a Cesarea di Filippo, Gesù loda la fede semplice e spontanea, ma anche precisa e corretta, dell’amico apostolo, tanto da proclamarlo “beato” già in vita, riconoscendo in lui un’ispirazione non umana e terrena, ma proveniente direttamente dal Padre celeste. Il vangelo di oggi invece riporta uno dei rimproveri più duri e forti pronunciati da Gesù e rivolti proprio a colui che noi consideriamo il primo papa della Chiesa. Domenica scorsa una pregevole lode: “Beato se tu, Simone figlio di Giona”; oggi un rimprovero terribile: “Vade retro satana”. Immagino quanto sia rimasto male il sanguigno Pietro, tanto da non replicare come faceva sempre…

Gesù aveva rivelato la sua vera identità, riconoscendosi esplicitamente come “il Figlio del Dio vivente”, ossia il Cristo, il Messia, il Signore, sebbene imponesse di non dirlo ancora ad alcuno. Ma ormai i discepoli lo sapevano e la stessa folla, dalla risposta data su chi fosse davvero Gesù di Nazareth, fa capire che non si trovava davanti a un ciarlatano, poichè lo identificano “alcuni Giovani il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti”, tutti concordi che quel era tale era davvero “Qualcuno”. È qui che Gesù rivela la sua vera identità, che non è certo quella del potente di turno, ma spiega ai discepoli quale dovrà essere il suo programma di vita, la sua missione, e cioè che “doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, venire ucciso e risorgere il lieto giorno”. Un programma per nulla allettante né per chi lo dovrà portare a termine in prima persona, né per chi è stato scelto per seguirlo e stare con Lui fino alle fine.

Da qui la reazione umanissima e comprensibilissima di Pietro, che esprime ancora una volta il sincero affetto e attaccamento al Maestro, volendo risparmiare ogni sofferenza a chi tanto ha trasmesso e insegnato con le parole e con i fatti: “Dio non voglia, Signore, questo non ti accadrà mai”. Nei momenti di afflizione e di angoscia, noi vorremmo qualcuno che ci dicesse “belle” parole, anche se false, che suonassero al nostro cuore tormentato come balsamo di consolazione. Gesù invece non solo non gradisce le parole di Pietro, ma lo redarguisce aspramente, riconoscendo in lui non un amico vero, capace di dire la verità anche quando è dura, ma “satana” in persona, il “diavolo” nel pieno esercizio delle sue funzioni, in particolare quella di dividere, separare, allontanare dalla volontà di Dio e dal suo progetto salvifico, sempre con l’inganno e la menzogna.

Quel “vade retro”, tuttavia, non ha il significato di respingere, allontanare, ma è un esplicito invito ad andare dietro Gesù, a seguire le sue orme, ad emulare il suo esempio, una conditio sine qua non per chi desidera liberamente seguire e divenire suo discepolo, che ormai non può più avere scuse e pretesti per seguire le strade del successo e del potere, ma solo quella inequivocabile indicata da Cristo: “Chi mi vuol seguire, rinneghi se stesso, prenda la mia croce e mi segua”. Non successo, potere e prestigio, ma croce, rinuncia, sacrificio, termini che sembrano scomparire sempre più dal vocabolario di molti cristiani. Nessun inganno, nessuna mezza misura, nessun edulcorante o palliativo nel progetto di vita del vero discepolo di Cristo. Gesù è chiaro e diretto perché vuole insegnarci la strada della vera felicità, che è strada sì in salita, in quanto richiede sacrificio, sofferenza e croce, ma anche liberante, poichè ci rende liberi, fedeli e maturi, capaci di vivere la logica del Vangelo, quella di chi perde la vita per salvarla, di chi dona la vita per riaverla per sempre.