{module AddThis}L’ospitalità è sacra non solo perché accoglie l’altro ma anche perché in qualche modo qualifica e costituisce la nostra identità agli occhi del nostro visitatore. Il nostro ospite deve essere messo nelle condizioni di sentirsi bene, di poter comunicare pienamente il motivo della sua visita, del suo viaggio che l’ha condotto fino a noi.
Ma siamo sicuri che nella visita del Signore la nostra accoglienza deve avere solo queste caratteristiche? Quale accoglienza attende il Signore da noi? Come accogliere l’altro? Come accogliere Dio? Vi è un’accoglienza apparentemente perfetta, ma che mantiene le distanze, che non crea comunione. Non manca nulla, eccetto l’essenziale: la presenza del cuore. La pratica religiosa può essere irreprensibile, si serve Dio come un padrone, ma non lo si incontra veramente. E ancor di più lo si sfugge.
Della visita e dell’ospitalità ci parla la liturgia della parola della XVI domenica del tempo ordinario del corrente anno liturgico, dell’accoglienza personale, di quella della chiesa e di quella di Dio, non solo soffermandosi sulla modalità delle singole ospitalità ma invitandoci a leggerle come un percorso. Come sempre tutto nasce da Dio che si mette in movimento e prende l’iniziativa di visitare il suo popolo, egli bussa costantemente alla nostra porta e ci chiede di riceverlo, ha per noi una parola che può cambiare la nostra vita se noi le permettiamo di diventare carne. È stato così fin dall’inizio anche con Abramo nostro padre nell’ospitalità. Egli aveva lasciato tutto per vivere nell’attesa, aveva lasciato qualcosa di suo per attendere qualcosa di più grande che non dipendeva da lui. Quando gli angeli pellegrini gli si presentano davanti non sa il motivo della loro visita, ma il suo vivere nell’attesa lo aiuta nell’esercizio dell’ospitalità.
Realizza, secondo le sue capacità di nomade, tutte le condizioni per una buona accoglienza, guidato da una santa premura, e riprende la sua attesa: “Così mentre egli stava in piedi presso di loro sotto l’albero, quelli mangiarono”. L’accoglienza e l’attesa creano lo spazio per la rivelazione, quella di colui che ansiosamente hai atteso, della cosa che non avevi lontanamente pensato: “Torneremo da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio”.
Lo stesso tipo di ospitalità viene indicato e lodato da Gesù nel vangelo. È vero che Marta è la prima ad accogliere Gesù nella sua casa, ma è come se si dimenticasse della sua presenza, non è un singolo momento, una semplice distrazione, ma una mancanza di disponibilità alla presenza parlante del Maestro, perché “Presa da molti servizi”. L’intento dell’evangelista nel raccontare l’episodio, non è quella di dare un giudizio sulla bontà del servire, ma farci vedere e cogliere quanto può diventare pericoloso togliere a noi stessi l’attenzione e la disponibilità all’ascolto della parola di Gesù. L’atteggiamento della sorella di Marta, Maria, nella sua semplicità, “sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola”, rispecchia quella del patriarca e viene qualificato da Gesù stesso come necessità e come bontà, e per questo l’unica risposta alla presenza del Maestro che contribuisce a costituire la nuova identità della persona, visto che non le verrà mai tolta.
Un’identità che per noi cristiani, si realizza costantemente all’interno della casa che è la Chiesa. In essa, come sottolinea l’apostolo Paolo, si realizza ogni missione, nel prolungare l’azione sofferente di Gesù Cristo a nostro favore, nella realizzazione della sua parola. La Chiesa come luogo che prepara e permette l’incontro con Dio nell’ascolto della sua parola, una parola capace di liberare il cuore, di renderlo puro, perché se la bocca parla dalla pienezza del cuore allora da un cuore purificato nasce la carità verso il fratello. La carità che si esprime concretamente nel parlare lealmente senza dire calunnia con la propria lingua, ma anche nei fatti, prestando senza usura e non accettando doni contro l’innocente, come recita il salmo 14. Attraverso l’esercizio di questa carità potremo abitare la casa di Dio, dove vedremo che cos’è l’accoglienza e l’ospitalità e la vivremo pienamente.