Michele, 35 anni, della parrocchia di San Giorgio al Corso, ci racconta che la sua vocazione l’ha sempre vista «come il regalo che Dio ha fatto alla mia vita». Un dono che arriva grazie «al mio storico parroco, don Nuccio Santoro, che ci ha lasciato qualche anno fa. Ne ho preso consapevolezza a 15 anni in un campo scuola a Cucullaro con l’Azione cattolica dove ho sentito quella crisi che è diventata opportunità. Ho iniziato a camminare anche se a essere sincero all’inizio ho cominciato a scappare perché non riuscivo a capire. Ho ascoltato una parola di vita che indicava una paternità, quella di Dio. Lui stava purificando dentro di me e mi stava facendo riscoprire la bellezza di un Padre che si prende cura di te. Quindi ho capito che non ero venuto al mondo per caso e che Dio mi stava chiedendo qualcosa che solo io potevo fare. Dopo una tempesta che mi ha portato a girovagare prendendo di petto quell’inquietudine che mi ha portato solo ostacoli, pesantezza, scontri e non incontri, torno in Seminario quando entra la brezza leggera, quando riconosco che Dio mi ha portato in quel porto per stare un po’ zitto io e mettermi in ascolto di lui. Sette anni fa trovo quella pace che cercavo ma che ha tutto il sapore della pace di Dio che ti mette in discussione, che ti mette alla prova. Il fratello – con i suoi pregi e difetti – diventa un porto dove acquietarti. L’esperienza in parrocchia poi è una cosa che ti mette completamente nelle mani di Dio chiedendoti di prenderti cura degli altri. Quanto ho vissuto nelle comunità di Bagnara e prima a Villa San Giuseppe, sono esperienze che profumano di vita e odorano di Vangelo. La parrocchia mi ha aiuto a comprendere le ferite, le paure di tanti che si sono messi accanto a me e mi hanno dato fiducia». Poi don Michele racconta anche come sta vivendo il momento di attesa in vista dell’ordinazione sacerdotale: «lo vivo sereno nell’imprevedibile. Serenità che fa tremare il cuore in realtà. Lo vivo alzando gli occhi al cielo, in quel silenzio di chi ha voglia di stupirsi e lasciarsi stupire da Dio. Adesso finalmente sto per diventare padre ma ci arrivo da figlio, da figlio amato». Domenico Foti, 37 anni, della parrocchia del Santissimo Salvatore di Saline Joniche, ci racconta la sua vocazione, conosciuta da piccolo quando «il mio parroco di allora, don Palo Ielo, stava celebrando la Messa e in un certo momento è nato dentro di me il germe della vocazione sacerdotale, ho espresso dentro di me quel pensiero: “voglio diventare come lui”. Dico che è vero che dietro ad un prete c’è sempre un altro prete che con il suo esempio, con il suo ministero sacerdotale può suscitare altre vocazioni. Inizialmente sono stato affascinato dalla vocazione religiosa, in particolare dalla Compagnia di Gesù, ma era semplicemente una fascinazione di tipo intellettuale. Da qui, sempre grazie al mio parroco, ho iniziato un cammino che è stato fruttuoso, di discernimento, in cui ho sperimentato già prima di diventare sacerdote la gioia di questo ministero, la bellezza di essere dono per Dio e per gli altri. Questa gioia poi l’ho sperimentata in modo più completo grazie soprattutto all’esperienza in parrocchia dove ho messo a frutto ciò che mi era stato donato e mi sono sforzato di essere strumento nelle mani di Dio. Sto guardando alla meta che mi attende con gioia e trepidazione perché è sicuramente fortemente desiderata, frutto della grazia di Dio. Una grazia che ho coltivato con tutte le forze perché potessi arrivarci con tutto me stesso». Jerome Pascal Ombeni, 29 anni, dal Congo ci racconta che la sua vocazione, arrivata durante l’infanzia. «A 5 anni ho partecipato per la prima volta all’ordinazione sacerdotale, è lì ho sentito quell’attrazione che ho maturato fino al mio ingresso in Seminario. Questo mio cammino lo sintetizzo con l’immagine di un Dio papà…tu non sei nessuno se nessuno ti ama. E così ho scoperto l’amore di Dio. Sono entrato in Seminario nel 2010, compio ora 10 anni di questo percorso in cui ho incontrato un Dio che mi ha preso per mano. Quando mi ha chiamato non mi ha consegnato Google Maps per orientarmi, ma mi ha donato la fede, quella di un Padre che ha un progetto per me. Nel mio percorso ho incontrato molte difficoltà anche personali, ho anche pensato di non essere all’altezza. Ma questo affetto di Padre che ha una promessa da compiere in me mi ha fatto andare avanti. Tanti quelli che mi hanno aiutato a discernere, mi hanno aiutato a rimanere sotto la Croce nei momenti in cui mi sentivo schiacciato dalla vita. Dopo i cinque anni in Congo, ho incontrato tantissime persone che mi hanno aiutato a integrarmi. Tutti mi chiedono se sono pronto. Si lo sono, ma non nel senso che ho le risposte a tutto, ho fiducia in quel Padre che mi prende per mano. Quando penso alle mie debolezze umane immagino un Dio artigiano che va oltre i nostri limiti, anzi li usa per farne manifestazione di sé e della sua potenza. Devo un ringraziamento speciale al mio parroco don Bruno che mi ha sostenuto e tutte le persone che in questo anno mi hanno aiutato a crescere. Chiedo a tutti preghiere perché il mio ministero sacerdotale sia strumento di misericordia nelle mani di Dio». Le storie di Domenico, Michele e Jerome, convergeranno nell’ordinazione di sabato prossimo, momento straordinario, da loro atteso e desiderato. Con questa condivisione ci hanno raccontato come si stanno avvicinando alla celebrazione del 27 giugno. La messa, per chi vorrà partecipare in remoto, sarà trasmessa anche in streaming sul profilo Facebook de L’Avvenire di Calabria.
Ecco la video intervista, segui il link: https://bit.ly/3g5h6Ir