L’allestimento degli stand informativi delle attività, di alcuni progetti e delle opere segno della Caritas Diocesana hanno fatto da cornice all’incontro, introdotto da una meditazione di monsignor Salvatore Santoro, Rettore del Seminario arcivescovile, che ha sottolineato che «non si dà testimonianza della carità se non si incontra Gesù, e la carità diventa e fa cultura se interseca ed incontra il bisogno profondo di speranza che abita nel cuore dell’uomo. L’amore è la radice della speranza, senza amore non esiste speranza».
Il direttore della Caritas Diocesana, don Antonino Pangallo, nella sua relazione, ha posto alcuni interrogativi su quanto la Caritas, oggi, sia motore di cultura e quanto il servizio agli ultimi educa le nostre comunità ad uno stile di condivisione e ad una cittadinanza attiva. «In questo momento – dichiara don Pangallo – a livello culturale l’impressione forte è un grande movimento di “resistenza”, di chiusura come se il problema fossero i migranti, o quelli che sono sulla strada; questa crescita della “cultura del pericolo” del “mito della sicurezza” è preoccupante e potrebbe significare una disgregazione culturale, sociale e umana».
Le prime risposte si possono ricercare negli stand informativi: dal progetto Costruire speranza, al servizio civile, all’Emporio della solidarietà, al soggiorno sociale, ai gemellaggi con la Grecia, con la Terra Santa ed il Madagascar, all’Help Center, al progetto “Delicati segni di speranza”, a Young Caritas. Attività e progetti, svolti da numerosi volontari, che raccontano un processo di cambiamento nel servizio della carità, “una palestra di relazioni” di incontri, di sensibilizzazione, di percorsi educativi, di animazione intra ed extra parrocchiale che coinvolgono la società civile, con una profonda attenzione ai poveri superando quindi la logica della mentalità assistenzialistica.
La tavola rotonda coordinata dalla giornalista Anna Foti, è stata caratterizzata dagli interventi di suor Loriana Torelli, coordinatrice dei Centri di ascolto diocesani, e del progetto “Delicati segni di speranza” rivolto alle donne vittime di tratta, da Giuseppe Malara, in rappresentanza della nuova cooperativa Di Segni, nata all’interno di Costruire Speranza, progetto che coinvolge tutte le diocesi calabresi e che mira alla sensibilizzazione sui temi della giustizia insieme al delicatissimo tema del lavoro, da Viviana Cardea, che ha raccontato l’esperienza della comunità di Pellaro, impegnata nell’accoglienza di una famiglia di profughi con il progetto “corridoi umanitari” e da don Antonino Russo, Direttore dell’emporio della solidarietà Genezareth un Riparo della crisi.
L’arcivescovo Giuseppe Fiorini Morosini nel suo messaggio ha evidenziato l’importanza della testimonianza che le Caritas svolgono nel territorio, si è soffermato sul momento particolare storico e politico che stiamo vivendo e sull’identità cristiana che non si misura dai nostri gesti, ma dal modo come impostiamo la vita e come affrontiamo i problemi che la realtà ci pone. «La cultura – ha proseguito Morosini – è il frutto di azioni, del comportamento che un popolo lentamente acquisisce accogliendo alcune cose e facendole sedimentare nella propria prassi di vita. Dobbiamo – ha concluso l’Arcivescovo – con il nostro impegno riportare il principio dell’Amore, soprattutto verso i più deboli, alla base dei nostri comportamenti, quelli più abituali, allora veramente il valore cristiano tornerà ad essere cultura».