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Oltre la paura della morte

Il passaggio verso l’ignoto genera paura, ma il Signore non ci lascia nell’angoscia, perché chi ha occhi e sa attendere vedrà «il Figlio dell’uomo venire sulle nubi». Siamo al cuore della fede cristiana, che è chiamata a vedere la vita quando tutto intorno a te e dentro di te parla di morte. Un tale paradosso è reso più oscuro dal fatto che la promessa evangelica è riferita ad una vita che ancora non si conosce, anche se Gesù l’ha anticipata e testimoniata. Allora esiste solo questa via, che è Cristo e la fiducia in Lui, per non cadere nella disperazione e lasciarsi guidare dalle sue parole che «non passeranno». L’abbandono totale alla Parola del maestro è l’unica possibilità data all’uomo per non rimanere succube del terrore della morte e saper cogliere ‘la fine’ come l’inizio ‘del fine’ ultimo della creatura, ossia la comunione eterna col Crocifisso-Risorto che vince la morte. Affinché questo annuncio di vita non rimanga un’illusione, Gesù invita a guardare non lontano da noi, perché dentro un semplice fico che produce le foglie è contenuta l’indicazione dell’estate, di un oltre non ancora realizzato ma già promesso. «Solo chi ama la terra, questa terra, può credere la nuova terra della promessa. Gesù chiede all’uomo di mettersi alla scuola dell’albero del fico perché la fedeltà alla terra è la condizione per credere e attendere la venuta gloriosa del Signore» (Luciano Manicardi). Ecco perché non si va al cielo senza l’amore su questa terra. La conclusione della nostra vita terrena, come pure la persecuzione, soprattutto quella in nome della fede, è per ciascuno proprio l’opportunità di consegnarsi con amore a Colui che sceglie di manifestarsi nelle pieghe più dolorose dell’esistenza, là dove nessun altro potrebbe entrare, se non inopportunamente e senza un respiro di cielo.
‘Non ti preoccupare, andrà tutto bene!’. Spesso ce lo sentiamo ripetere, però quante volte ci crediamo davvero? Di certo non quando questa parola ci viene da chi nella vita ancora non ha sperimentato la sofferenza: può dirci tutte le parole belle di questo mondo, ma niente verrà preso in considerazione da noi. Abbiamo bisogno di un cuore che capisca fino in fondo perché ha sperimentato; allora le sue parole non saranno soltanto rassicuranti, ma ci daranno il coraggio di andare avanti. Gesù non è uno qualunque e quando pensiamo a Lui e alle sue parole, non possiamo dirgli ‘ma Tu che ne sai’, perché Egli non si è risparmiato nulla dell’umano, neanche la sofferenza più atroce. Cristo non ci chiude dentro una campana di vetro per evitarci le sofferenze e proteggerci dal male. Sa bene, infatti, che la vita è anche questo e risparmiarcelo significherebbe impedirci di vivere. Tuttavia le lacrime che riempiono i nostri occhi ci appannano spesso la vista e il risultato è che continuiamo a vedere solo ciò che ci fa soffrire. Il Signore invece fa sbirciare dietro il velo di tutta la storia, ci fa intravedere il gran finale, invitandoci ad asciugare quelle lacrime perché ci rivela che l’ultima parola non spetta al male, ma è del bene. Anche in mezzo alle tribolazioni e agli sconvolgimenti della nostra vita, quando tutto sembra perduto, possiamo rimetterci in piedi, continuare a gioire facendo memoria della sua Parola. È su di essa che dobbiamo poggiare la nostra vita, perché è l’unica che rimane quando tutto intorno crolla. Attenzione dunque su cosa costruiamo la nostra vita: solo la sua Parola ha il potere di realizzare ciò che dice.
“Coraggio, caro amico, non è importante il giorno e l’ora. Soltanto il Padre lo sa, perché il regalo dell’eternità è il dono più bello fra i tanti che hai ricevuto nella vita, e i regali sono l’unica cosa che dobbiamo ricevere senza rovinarci lo stupore di una sorpresa più grande della nostra nascita. Lì sono stati i genitori e i familiari ad accoglierti; adesso saranno gli angeli e i santi, e prenderai dimora non su una culla costruita da mani d’uomo, ma nel seno della Trinità”.