Cerca
Close this search box.

Non si può amare Dio senza amare il prossimo

Il Vangelo di questa domenica ci parla del comandamento dell’amore. È forte, anche per noi che ci diciamo cristiani, la tentazione di ridurre l’amore a un interessante tema per le omelie e riflessioni spirituali. Mi sembra, mentre mi appresto a scrivere qualcosa sul vangelo dell’amore, di sentire vicini gli spari e lo scoppio dell’artiglieria pesante del recente conflitto bellico nella striscia di Gaza, senza dimenticare, neanche per un istante, l’ancora accesa guerra tra Russia e Ucraina, e i numerosi focolai bellici accesi in tutto il mondo e dei quali nessuno ormai parla. Come non chiederci: è possibile oggi annunciare la legge dell’amore come una regola di vita e poi abitare in una realtà che certamente non possiamo definire “un mondo d’amore”? La tentazione è forte per tutti ma il messaggio evangelico è ancora più forte di ogni altra voce diabolica che ci invita magari alla rassegnazione e all’accettazione dell’odio, della guerra e della violenza come norme di vita, come qualcosa che c’è state sempre, dimostrando quanto sono vere le parole di A. Manzoni: “La storia insegna che la storia non insegna nulla”.
Nel Vangelo di oggi ancora una domanda a trabocchetto rivolta a Gesù da parte dei farisei. Una domanda dalla risposta obbligata, perché a nessun ebreo, neanche al più sprovveduto, poteva sfuggire che niente e nessuno può prendere il posto di Dio, per cui non poteva esistere altra risposta che il primo comandamento è quello dell’amore per Dio, davanti al quale non è possibile anteporre alcun altro. Gesù, come sempre, conoscendo la malizia degli interlocutori, preoccupati non tanto di risolvere un’atavica questione delle scuole rabbiniche quanto di avere un ulteriore capo d’accusa per il sovversivo Nazareno, risponde in modo diretto con le parole del noto Shemà Israel, la famosa preghiera del popolo di Dio da recitare più volte nella giornata, ma anche l’impegno prioritario di ogni pio osservante della Legge. Gesù ancora una volta li sbalordisce e sorprende, aggiungendo al primo comandamento un secondo, quello dell’amore al prossimo.
Ci aiutino nella nostra odierna riflessione pochi ma determinati elementi per comprendere a fondo e vivere in pienezza il comandamento dell’amore.
“Amerai”, non un verbo solo al presente ma assolutamente al futuro, quasi un’azione prolungata nel tempo, da ripetere all’infinito, da incarnarne nel presente, proiettati sempre al futuro, quasi a dire che non c’è futuro senza amore.
La domanda chiede chiarimenti circa il primo comandamento, ma l’uso dello stesso termine “primo” richiama che dovrà esserci necessariamente un secondo, un terzo e così via. Gli ebrei lo sapevano bene, conoscendo non solo i famosi dieci comandamenti, ma anche i 613 decreti della Torah, un numero che rievocava la somma di 248, numero delle ossa del corpo umano, più 365, i giorni dell’anno, proprio per dire che la Legge di Mosè doveva abbracciare tutta la vita e tutto il tempo di ogni credente.
La consequenzialità tra primo e secondo indica innanzitutto un’inscindibilità tra i due, quasi a dire che non è possibile osservare uno dimenticando l’altro. Per i cristiani come per Gesù non ci dovrebbero essere dubbi: “non è possibile amare Dio che non vediamo, se non amiamo il prossimo che ci sta accanto”, addirittura che il termometro per misurare l’amore per Dio è l’attenzione, la cura e la solidarietà che abbiamo per il nostro prossimo.
Concludiamo chiedendo al Signore un cuore nuovo, un cuore capace di superare la tentazione del vuoto spiritualismo, di chi crede di poter amare Lui senza amare i fratelli, ma anche della mera filantropia, di chi crede di poter amare e servire il prossimo senza mettere Dio al primo posto.