L’apparente contraddizione si supera se consideriamo il corrispondente termine ebraico ashrè, che indica un appello ad andare avanti, a non fermarsi nella via che si sta percorrendo. Dunque è possibile al povero, all’afflitto e a tutti coloro che sono qui menzionati procedere oltre nel cammino, confidando nella presenza e nella forza del Signore. Ecco il punto: nel cuore delle beatitudini troviamo Cristo; esse più di ogni altro passo evangelico delineano il suo volto. Dunque non è assurdo entrare nello spirito delle beatitudini perché vi troviamo pienamente Gesù, cogliendo così l’occasione decisiva per apprendere e vivere una sequela radicale.
I «poveri in spirito» non sono vittime del loro io, ma si lasciano riempire totalmente da Dio, riponendo in Lui ogni fiducia. «Quelli che sono nel pianto» hanno l’opportunità di comprendere e sperimentare la consolante tenerezza del Signore, che altrimenti rimarrebbe un vago sentire, mentre è una forza che ti rimette in piedi. I «miti» sono coloro che non hanno bisogno di sgomitare e di sopravanzare il prossimo, perché sanno che Dio è loro difesa. «Quelli che hanno fame e sete della giustizia» sono consapevoli di aver subito delle ingiustizie ma anche di non essere giusti, e per questo si appoggiano alla superiore giustizia di Dio, che è misericordia. E proprio i «misericordiosi», in quanto tali somiglianti al Padre, si attireranno il suo perdono e contribuiranno a immettere nelle vene della storia, troppo spesso avvelenata dall’odio, la linfa nuova dell’amore che unisce i popoli. Perché ciò sia possibile è necessario che gli uomini siano «puri di cuore», abbiano lo stesso sguardo di Gesù, vedano il bene anche quando è coperto da uno fitto strato di male, siano irriducibili nel cercare il bello di ogni cosa. Gli uomini delle beatitudini diventano in tal modo «operatori di pace», perché devi avere prima la pace dentro di te per poterla costruire intorno. E la pace non può essere che il frutto di un cuore abitato dalla grazia. Gesù non nasconde che i discepoli saranno «perseguitati per la giustizia», insultati e calunniati, ma sarà proprio quello il segno che la loro adesione a Cristo è veritiera, in quanto infastidisce i potenti e coloro che tramano nelle tenebre. La promessa finale, «rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli», suona come un canto di vittoria per coloro che hanno combattuto contro il proprio egoismo e le insidie del Maligno, mantenendosi fedeli a Dio.
Ci domandiamo: come veicolare alla società odierna il messaggio delle beatitudini? Le categorie svantaggiate ci sono in tutte le società di ogni epoca; il problema sembra essere che ai nostri giorni la soluzione ai drammi della vita si cerca quasi sempre fuori di un dialogo vivificante col Signore. In passato si sbagliava ma perlopiù non si negava la via di Dio, o almeno la si considerava come una possibilità percorribile; oggi Cristo e il suo vangelo scompaiono sempre più nell’orizzonte delle opzioni possibili. Forse la soluzione sta proprio dentro il dramma che si vive. Quando sei nel dolore, soprattutto se ascrivibile al tuo stesso peccato, coloro che erano stati compagni di trasgressione ti abbandonano; qualche volta rimangono sole anche le persone che hanno amato e beneficato il prossimo. Ora, mentre si è soli dinanzi al proprio fallimento, in quella zona in cui è difficile per chiunque entrare, dove il silenzio regna, è Dio l’unico che ha il potere di far risuonare lì la sua voce, perché siamo suoi, i ‘piccoli’ gli appartengono. Il soccorso del Signore in questi casi è sicuro come l’aria che respiriamo: sta all’uomo scegliere di non essere sordo o indifferente, entrare in una nuova dimensione, che è già il Paradiso in terra, fidandosi totalmente di Gesù.
Conosco gente in carrozzina più felice di persone che hanno tutto; genitori che hanno perso figli più sereni con Dio nel cuore rispetto a chi distrugge col tradimento la propria famiglia; giovani dediti al volontariato più limpidi di coetanei che sanno divertirsi solo trangugiando alcool. Tutto ciò dimostra che le beatitudini non sono un’utopia: sono l’occasione propizia che ci è data per essere santi!