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Un campo cosi grande che nei periodi di maggiore affluenza poteva contenere circa tremila persone. Qui la guida, Simona Gerifetti, ha inizialmente comunicato agli studenti nozioni di tipo storico.
Il campo aprì il 25 giugno 1940 e venne costruito per ebrei, apolidi e per tutti coloro che erano ostili al regime del tempo. Era originariamente costituito da 192 baracche di legno, dove vivevano gli internati, disposte a forma di “U” al cui centro era collocata una baracca contenete una cucina e un bagno che, gli internati, dovevano condividere. Oltre ad essa vi era una zona dedita all’amministrazione del campo e, un luogo, in cui si vendevano viveri a coloro che abitavano le baracche.
La visita è proseguita, insieme alla guida, alla Sala Fotografica realizzata, in poco più di un mese, con la collaborazione di una ex internata del campo, Eva Parson.
Qui gli studenti, hanno potuto osservare come erano i letti delle baracche ma anche numerose fotografie che, anche se vietate all’epoca, raccontano scatti rubati di un periodo abbastanza ostile dove la dignità dell’uomo veniva messa a dura prova. Dalle foto emergono personaggi importanti come Carl Weirich, definito “il Perlasca del sud”, in quanto riuscì ad ottenere dal Vaticano II il denaro necessario per comprare cibo e medicine agli internati di Ferramonti, senza il suo aiuto alcuni aspetti della vita del campo non sarebbero di certo come li conosciamo oggi. Un evento importantissimo che ha colpito gli studenti, in quanto inerente al proprio indirizzo di studi, è stato scoprire che il 22 maggio 1941 il campo venne visitato dal nunzio apostolico Borgongini – Duca. Gli internati avevano fatto richiesta di volere nel campo un cappellano di riferimento e durante la sua visita si tennero molte cerimonie e spettacoli culturali, fu un evento molto importante seguito, poco tempo dopo, dalla visita di padre Callisto Lopinot che rappresentò una figura importante sia per i cattolici che per gli ebrei del campo. La dott. Gerifetti concludendo ha detto che il campo venne liberato il 14 ottobre 1943 e che nonostante ciò alcuni, per via della guerra che inaspriva il paese, non lo vollero lasciare.
Attualmente del campo è rimasto ben poco e, a parere della dottoressa, quello che rimane è anche stato ricostruito male.
Un ulteriore approfondimento gli studenti lo hanno potuto avere dal prof. Enrico Tromba, docente all’ISSR (RC) che, attraverso la proiezione di alcuni documenti, ha voluto sottolineare in particolare l’importanza del sapere intrecciare il dato storico con il racconto dei testimoni. L’attenzione è stata massima soprattutto nel vedere il registro protocollo di Ferramonti, documento inedito, ritrovato dal prof. Tromba e da altri suoi colleghi, contenente moltissimi dati sugli internati.
Conclusasi la visita al campo, gli studenti si sono avviati alla scoperta di un altro luogo pieno di storia, ovvero il Santuario di San Francesco di Paola. Al loro arrivo, con l’aiuto di due volontarie hanno varcato la Porta Santa e, in seguito, guidati da una di esse, sono stati portati a conoscenza di posti che raccontano la vita del grande Santo.
Oltre ad aver visitato la chiesa antica dove sono conservati alcuni oggetti di San Francesco, tra cui il mantello con cui si dice oltrepassò lo stretto di Messina, hanno potuto vedere la grotta in cui riportò in vita il suo agnellino e la “Cucchiarella”, una sorgente dove il Santo ridiede la vita alla sua trota e dove l’acqua non smette mai di zampillare.
La visita si è conclusa nella chiesa nuova a forma di nave rovesciata che, con le sue tre vetrate a simboleggiare la Santissima Trinità e il timone rappresentato dal Tabernacolo, mette bene in luce come il capitano della nostra vita sia Gesù Cristo. Questi luoghi pieni di storia hanno fatto nascere negli studenti non soltanto un senso di perdono nei confronti di coloro che hanno macchiato la dignità umana, facendo si che tutto ciò rimanga un ricordo vivo in modo tale che non si verifichino più eventi del genere, ma, riflettendo sul motto di san Francesco di Paola, “CHARITAS”, hanno potuto comprendere che è bene che la vita dell’uomo sia caratterizzata dalla carità soprattutto nel rapportarsi con l’altro.
Questo è difficile da raggiungere ma non impossibile infatti, come diceva il grande Santo, “A chi ama Dio tutto è possibile!”.
Genovese Lucia III LT