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Messa del Crisma a Reggio Calabria, l’omelia dell’arcivescovo Morrone

La Messa del Crisma, presieduta in Cattedrale dall’arcivescovo metropolita di Reggio Calabria – Bova, monsignor Fortunato Morrone, ha aperto le celebrazioni del Triduo pasquale in riva allo Stretto. Erano presenti tutti i sacerdoti e i diaconi del Clero reggino, la Comunità del Seminario arcivescovile Pio XI ed una folta rappresentanza di religiosi, religiose e fedeli laici. Hanno concelebrato gli arcivescovi emeriti, monsignor Mondello e monsignor Fiorini Morosini.

Durante la concelebrazione eucaristica è stato consacrato l’olio degli ulivi del Giardino della Memoria di Capaci che verrà utilizzato per amministrare i sacramenti durante l’anno liturgico.

Messa del Crisma, l’omelia del vescovo Morrone

«Carissimi fratelli e sorelle in Cristo, carissimi presbiteri e diaconi, religiosi e religiose, in questo giovedì santo che ci porta a fare memoria del dono alla Chiesa del sacramento dell’Ordine, ringrazio Dio, il Padre di Gesù nostro Signore per i giorni trascorsi, intensi e propedeutici per me, e sicuramente anche per tutti voi, a vivere questa santa Pasqua», ha detto Morrone in apertura di omelia.

«Vi ringrazio – ha proseguito – perché certamente mi avete sostenuto con la vostra preghiera, sicuro che continuate a farlo: so che mi volete bene come vostro vescovo, amico dello Sposo della Chiesa, Cristo Gesù, nostro Signore. Pregate perché mi conformi sempre più al Suo Vangelo. Pregate per me perché impari ad amare sempre di più il popolo di Dio a me affidato insieme a voi, perché è questa la Comunione nello Spirito del Risorto: amare nel Suo nome le persone con cui mi trovo oggi, qui ed ora in questa splendida Arcidiocesi, condividendo il tempo che mi è dato per servirvi». «Solo l’Amore trasfigura, transustanzia la nostra esistenza. Tutto il resto è relativo», ha aggiunto il presule.

«La nostra comunità ecclesiale e in particolare il nostro presbiterio, come sappiamo, ha vissuto una particolare scossa di assestamento in quest’ultimo periodo quaresimale, che è tempo di conversione e rinnovamento personale ed ecclesiale, tempo propizio di passaggi sempre faticosi dalla sincerità alla verità, dal lumicino della nostra coscienza alla luce evangelica custodita dalla santa Chiesa di Dio. Siamo stati sollecitati ad andare all’essenziale della nostra chiamata battesimale e, di conseguenza, al mandato ecclesiale, all’elezione che in nome del Signore ci ha costituiti ministri autorizzati nell’annuncio della Parola e, nella presidenza dell’Eucaristia, amministratori della Sua grazia, per pascere il Popolo santo di Dio a noi affidato e camminare insieme nella carità di Cristo».

«Noi ministri ordinati, che in persona Christi capitis presiediamo la sinassi eucaristica, dopo la consacrazione del pane, chiediamo all’assemblea del Popolo di Dio di confessare il Mistero della fede. Tutti rispondono: “Ogni volta che mangiamo questo pane e beviamo a questo calice, annunciamo la tua morte, Signore, nell’attesa della tua venuta” (cfr 1 Cor 11, 26). In quel momento siamo chiamati a prendere consapevolezza del transito sostanziale che accade nelle specie eucaristiche, del passaggio pasquale attualizzato, cui siamo chiamati a personalizzare. Esso è già inscritto nella radice battesimale dalla configurazione a Cristo: venir fuori da una terra mortifera di schiavitù verso un’esistenza degna dei figli di Dio. Vivere in Cristo – ha sottolineato il pastore della Chiesa reggina – è un processo esistenziale di conversio, di μεταβολή, di cambiamento [per utilizzare termini eucaristici], di trasformazione: “se il chicco di frumento caduto in terra non muore, rimane solo, se muore porta molto frutto” (Gv 12,20-33)».

«Nel pane eucaristico spezzato e nel sangue versato si configura e si rilancia il mistero della nostra personale identità umana ed ecclesiale, a immagine dell’esodo pasquale di Cristo Gesù da questo mondo al Padre. Si tratta – ha spiegato Morrone – di un incessante cammino di liberazione dall’idolatria dell’ego personale e collettivo per una vita pienamente umana che profuma già ora della fragranza del Risorto. È il cammino che esistenzialmente si è avviato, quando siamo stati attratti dallo sguardo del Signore, dal fascino immediato e semplice del Suo vangelo che ha raggiunto e fatto vibrare le corde più profonde del nostro cuore, accordandole gradualmente, fino ad oggi, ai Suoi divini sentimenti».

«Ci siamo fidati di Gesù e, sapendoci amati nella singolarità del nostro essere membra del Suo Corpo, abbiamo scommesso su di Lui. Da quel momento – ancora l’arcivescovo Morrone – il cammino nella fede della Chiesa e nella condivisa compagnia di tanti fratelli e sorelle, gradualmente personalizzata in noi dallo Spirito del Signore, si è fatto sempre più esigente e convincente. Si è trattato infatti di stare al passo dietro Gesù, per imparare da Lui a non volgerci indietro, a non rimanere bloccati nel rimpianto delle cipolle d’Egitto, a non coltivare l’illusione delle proprie strategie con l’intento vano procedere verso la terra di libertà e con noi condurre le persone affidateci, portandoci dietro, come fece Abramo, tutta la mercanzia dell’uomo vecchio che appesantisce, rallenta e a volte ostacola il nostro procedere profeticamente in avanti, oggi sfidati da un sempre più accelerato cambiamento d’epoca».

«Pur non sapendo dove lo Spirito del Signore intende condurci, noi siamo qui, vescovo e presbiteri, insieme al Suo Popolo, perché ci fidiamo di Lui, Lui solo è Parola di vita eterna. Pertanto, la fede pasquale della Chiesa ci annuncia che «se uno è in Cristo è una creatura nuova, le cose vecchie sono passate, ne sono nate di nuove» (2 Cor 5,17): è l’incessante novità eterna e la bellezza senza rughe del Vangelo di cui, per grazia di Dio, siamo banditori, rinnovando in noi l’entusiasmo di appartenerGli».

«La novità dello Spirito del Risorto – ha aggiunto l’arcivescovo di Reggio Calabria – Bova – ci rimette continuamente in cammino verso il futuro nuovo di Dio, come in questo giovedì santo in cui siamo pro-vocati della Sua voce che risuona nella voce apostolica della Chiesa, invitandoci a rinnovare le nostre promesse, confidando unicamente sulla fedeltà amorevole, misericordiosa del Padre di Gesù».

«Carissimi presbiteri – ha detto ancora Morrone rivolgendosi al clero – in quest’oggi del giovedì santo, in cui siamo ancora chiamati ad ascoltare la Sua voce, rinnoviamo la nostra filiale docibilitas, per comprendere la necessità di entrare sempre di più nella logica del suo Amore, unica speranza a cui questo nostro mondo anela, l’unicum necessarium che può rendere nuovo ed efficace, il ministero che esercitiamo a servizio del Suo popolo».

«Benedetto XVI nell’omelia della messa del crisma del 2010, ricordando l’antico rapporto tra la parola greca ἔλαιον (oleum) con ἔλεος (pietà, misericordia) collegava l’unzione alla misericordia. Siamo stati unti dalla e nella misericordia del Padre fin dal nostro Battesimo: è l’olio di letizia dello Spirito che consacra Gesù, il Messia, inviato ad annunciare e a portare a compimento per tutti i miseri della storia, l’eterna misericordia di Dio, così come abbiamo ascoltato nella liturgia della Parola proclamata. È il lieto annuncio – ha aggiunto il vescovo – che dal Capo del Signore, consacrato dallo Spirito del Padre nell’ora della sua glorificazione, scende abbondante sul capo degli apostoli e da qui sui vescovi, loro successori, fino a giungere per le mani del vescovo sulle mani dei presbiteri, i quali la preghiera di Ordinazione chiama “aiuto alla nostra debolezza, collaboratori di cui abbiamo bisogno per l’esercizio del sacerdozio apostolico”».

«Dalla vostra generosa disponibilità esso giunge finalmente a crismare e santificare tutti i membri del Popolo di Dio, popolo di sacerdoti, re e profeti. Pertanto nessuno di noi si è autocostituito, né si è dato un nome per amministrare la misericordia di Dio, ma tutti siamo stati chiamati, costituiti e unti dallo Spirito del Signore mediante la Sua Chiesa per essere dispensatori dei misteri di Dio nell’Eucaristia e nel ministero della Parola sull’esempio del Cristo, Capo e Pastore, morto e risorto per riunire in unum i figli di Dio dispersi».

«Quest’olio che tra poco consacreremo, richiama allora la Comunione nello Spirito che unisce nel Capo le membra del Corpo del Signore, la Sua chiesa, sacramento di salvezza per tutta l’umanità». Morrone cita non a caso Sant’Agostino: «“Noi infatti, – ci ricorda sant’Agostino -, siamo il Corpo di Cristo, perché tutti siamo unti; e tutti noi in Lui siamo di Cristo e siamo Cristo, poiché in certo qual modo il Cristo totale è capo e corpo” (S. Agostino, Esposizione II sul salmo 26)».

«Nell’ascolto comune del Maestro, mediante il Vangelo che la Chiesa ci consegna, il vescovo in quanto successore degli Apostoli, convoca, invia, manda, autorizza, conferma per servire la comunione in modo da “preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo” (Ef 4,12). L’ufficio apostolico del vescovo è pertanto a servizio della communio, tutelando le diversità dei doni dello Spirito, carismi e ministeri, custodendoli tutti nell’unità del corpo ecclesiale, corpo del Signore (1 Cor 12). Pertanto la comunione nella Chiesa si manifesta con il Vescovo».

«Carissimi – l’esortazione di monsignor Fortunato Morrone – riprendiamo con fiducia il nostro cammino comune, e benediciamo il Signore che ci ha donato una Chiesa e un presbiterio così ricchi: in esso la Luce del Signore si riflette nella varietà delle sensibilità, delle posizioni rispetto al discepolato ed all’autorità ed all’autorevolezza della Chiesa. Lo Spirito del Signore ha movimentato il setaccio della nostra vita perché, lasciandoci ancora una volta guidare non dal nostro sentimento, ma da sentimenti del Cristo, impariamo a saper distinguere, nel non facile discernimento accompagnato dal Vescovo, la nostra volontà dalla volontà di Dio, l’essenziale dall’accessorio, avendo come stella polare la ricerca appassionata e primaria del Regno e della sua giustizia poiché tutto il resto ci sarà dato in abbondanza (cfr. Mt 5)».

«Nella bellissima udienza che il santo padre Francesco ha concesso il 27 marzo scorso ai vescovi e ai seminari della Calabria, lo Spirito del Signore, al netto di ogni ansiosa attesa, conferma o pretesa dei nostri desiderata, ci ha ricondotto al cuore dell’essenziale evangelico che presiede e legittima discernimenti e scelte ecclesiali e personali conseguenti, con le parole che il Signore ha rivolto ai suoi due primi discepoli: “Che cercate?”, dov’è il tuo cuore?».

«Le difficoltà – ancora le parole di Morrone – sono un’occasione preziosa per riascoltare alla luce del Vangelo, delle parole del Papa, il proprio cuore, per diventare consapevoli di cosa ci sta a cuore, per rintracciare il luogo in cui il cuore oggi si trova: “Perché dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore”. (Lc 12,34)».

«Il messaggio di papa Francesco, ispirato alle parole di Gesù, cari fratelli presbiteri, accogliamolo grati come una luce apostolica che può rischiarare il nostro comune cammino e aiutarci a fare chiarezza in noi stessi, nel profondo del cuore, pozzo senza fondo, le cui dinamiche interiori ci sfuggono o ci fanno paura, per riarticolare le ragioni profonde del nostro ministero senza temere di abitare le nostre fragilità e i nostri limiti, già crismati dallo Spirito del Risorto, olio di letizia, olio profumato dalla misericordia del Padre, di cui noi nella Sua chiesa siamo ministri», ha aggiunto Morrone.

Infine l’invocazione al Signore: «Ecco Signore, con il salmo che abbiamo appena pregato noi professiamo che “la Tua mano è il nostro sostegno. E il Tuo braccio è la nostra forza” (88). Perciò aiutaci nei momenti faticosi del nostro comune cammino, specialmente nell’appassionato ma impegnativo e a volte estenuante lavoro pastorale».

«Maria, donna dell’ascolto e del servizio, madre della consolazione dello Spirito del suo Figlio Gesù, ci sostenga con la sua vicinanza materna e ci aiuti a riscoprirci collaboratori della gioia credente del santo popolo di Dio».