Cerca
Close this search box.

Mercoledì delle Ceneri, conversione è saper ascoltare

Ai cristiani sta a cuore la Pasqua: è la vittoria sul peccato e sulla morte, che Gesù ha conquistato con il dono della sua vita. Sta a cuore poter diventare partecipi della gioia e della vita del Signore Risorto. Ma sappiamo che il cammino verso la Pasqua richiede un itinerario di penitenza e di dono di noi stessi: «Se qualcuno vuole venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Mc 8, 34); per questo cominciamo il cammino della Quaresima.

Sappiamo che è un cammino di penitenza e siamo disposti a pagare un poco il prezzo che questo comporta; iniziamo però il cammino non con tristezza ma con gioia, anche con entusiasmo; sappiamo che ne abbiamo bisogno e lo desideriamo.

Iniziamo la Quaresima non perché l’abbiamo scelto noi, ma perché ci ha convocato Dio stesso con le parole del Profeta: «ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti».

Alle parole di Dio fa eco il messaggero umano: «Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore vostro Dio, perché egli è misericordioso e benigno, tardo all’ira e ricco di benevolenza e si impietosisce riguardo alla sventura». Per questo il popolo intero è convocato: i vecchi, i fanciulli, i lattanti, lo sposo… la sposa… e i sacerdoti… tutti. Il “cammino” è fatto insieme da un popolo che non si rassegna al proprio peccato e sa sperare nella grazia di Dio.

La Parola di Dio ci richiama: «lasciatevi riconciliare con Dio». Non dice: «riconciliatevi», come se la riconciliazione fosse un’attività nostra, ma: «lasciatevi riconciliare», perché è l’opera di Dio; è Dio che ha mandato il suo Figlio; è Dio che ce lo ha donato come fratello e salvatore; è Dio che nella croce di Cristo ha riconciliato il mondo mettendo dentro al mondo una forza di amore e di armonia, di generosità e di fiducia.

Per noi si tratta solo di accogliere un dono, di ricevere un atto di amore; per questo sappiamo che è possibile! L’imposizione delle ceneri rappresenta un rito antico che vuole indicare la conversione del cuore. Questo segno rituale è accompagnato da una formula che ne esprime il significato e che riprende le parole di Gesù all’inizio della sua predicazione, quando Egli passava da un villaggio all’altro della Galilea per dire a tutti e a ciascuno: «Convertitevi e credete al Vangelo » (Mc 1, 15). «Convertitevi» significa: cambiate l’orizzonte della vostra vita.

Se finora la vostra vita si è mossa solo entro l’orizzonte di questo mondo con le sue dinamiche di ricchezza, di potere e di soddisfazioni, ora sollevate lo sguardo verso Dio e il suo amore, quale avete imparato a conoscere in Gesù Cristo. Convertitevi: «Dovete deporre l’uomo vecchio con la condotta di prima, l’uomo che si corrompe dietro le passioni ingannatrici. Dovete rinnovarvi nello spirito della vostra mente e rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera» (Ef 4, 22-24). Il Sinodo è cammino di conversione e cambiamento.

L’esperienza sinodale che stiamo vivendo, per come è stata proposta da papa Francesco è prima di tutto un invito alla conversione continua, che ci chiede di sperimentare e di vivere una «sinodalità praticata». L’esperienza sinodale non è e non può ridursi a un bel tema, a uno slogan, a un logo, a un evento, a un momento. Non solo ma il cammino per l’unità dei cristiani e il cammino di conversione sinodale della Chiesa sono legati.

Inoltre in questo tempo siamo chiamati anzitutto ad intensificare spazi di ascolto piuttosto che di ricerca di soluzioni rapide alle problematiche pastorali o di un ricettario di idee pronte all’uso. L’ascolto sarà tanto più efficace se sapremo vivere questo tempo come occasione di conversione: la riforma delle prassi pastorali potrà essere effettiva solo se accompagnata da una conversione dei cuori.

La disponibilità all’ascolto necessita di fare prima di tutto un lavoro su se stessi, sia come persone che come comunità: per ascoltare occorre imparare a muoverci verso gli altri, liberandoci da protezioni e formalismi, accettando obiezioni e critiche, non nascondendo le nostre debolezze.

La sinodalità, vissuta con una disposizione profonda di ascolto dello Spirito e di discernimento, è davvero un cammino di conversione quaresimale, personale e comunitaria.

Nel Vangelo ci vengono consigliati tre comportamenti concreti: l’elemosina, la preghiera, il digiuno. L’elemosina, che esprime l’apertura al fratello. La preghiera sta al centro di questo trittico. Il digiuno è in funzione della preghiera e dell’elemosina. Papa Francesco nel messaggio di Quaresima dell’anno scorso ci esortava a «Non stanchiamoci di fare il bene nella carità operosa verso il prossimo». Approfittiamo in modo particolare in Quaresima per prenderci cura di chi ci è vicino, per farci prossimi a quei fratelli e sorelle che sono feriti sulla strada della vita.

La Quaresima è tempo propizio per cercare, e non evitare, chi è nel bisogno; per chiamare, e non ignorare, chi desidera ascolto e una buona parola; per visitare, e non abbandonare, chi soffre la solitudine. Prendendoci il tempo per amare i più piccoli e indifesi, gli abbandonati e disprezzati, chi è discriminato ed emarginato». Ecco perché ci è donata la Quaresima: «Tu vuoi che ti glorifichiamo con le opere della penitenza quaresimale, perché la vittoria sul nostro egoismo ci renda disponibili alle necessità dei poveri, a imitazione di Cristo tuo Figlio, nostro salvatore» (Prefazio III di Quaresima).

Allora camminiamo insieme. La Pasqua è vicina. Per tutto questo una nuova riconfigurazione ecclesiale, alla luce della sinodalità, supporrà che si assuma questo cammino quaresimale come un tempo vero ed autentico di conversione.