«Ci indigna e non poco – continua Stamile – con quanta spudoratezza i congiunti abbiano inteso attraverso di esso tentare di strumentalizzare l’evento della Messa esequiale. D’altronde, la ‘ndrangheta da sempre cerca di asservire il sacro, non è certo una novità. Ma ciò che sconcerta è con quanta naturalezza viene pubblicata nel manifesto funebre la foto del giovane Tegano, quasi a voler simboleggiare “tu per noi sarai sempre il giovane e potente capo indiscusso di Archi, la fragilità della condizione umana, la morte, non ti possono scalfire. Meriti di essere ancora una volta applaudito come in quel mese di aprile del 2010, in cui è finita la tua latitanza durata ben diciassette anni ed una donna ti acclamava come uomo di pace”. Per non parlare, poi, di quell’espressione davvero blasfema con la quale lo si definiva “uomo che ha amato tutti”».
Questa lettura di Stamile contribuisce a stemperare la tensione che si era creata in seguito alla nota di Libera in cui il sodalizio “richiamava” la Chiesa reggina per aver “voluto solennizzare la celebrazione” della messa di trigesimo di un boss. Dopo che l’arcidiocesi ha presentato la verità dei fatti – dato che andavano diffondendosi versioni alterate della realtà secondo qui l’arcidiocesi avesse voluto solennizzare il boss, che, invece, non è stato neanche menzionato dal celebrante – l’attenzione del dibattito pubblico si è spostata sul perché Libera non avesse chiesto conto alla Questura e al Comune dei reciproci coinvolgimenti emersi in occasione della celebrazione di sabato 7 agosto. La Questura, infatti, ha allontanato Klaus Davi dalla Cattedrale e il Comune avrebbe dovuto regolamentare (in questo caso vietandola) l’affissione dei manifesti funebri.
Il Comune, tramite il sindaco Giuseppe Falcomatà, ha fatto sapere che i manifesti non erano stati autorizzati e sarebbero dovuti essere rimossi prontamente. Tale rimozione è stata effettuata nella giornata di ieri. Anche questo aspetto, quindi, è stato chiarito definitivamente. C’è da sperare che in futuro non si ripeteranno sviste di questo genere e che, qualora dovessero apparire manifesti non autorizzati, vengano rimossi prontamente.
Altro ambito di dibattimento pubblico legato alla nota di Libera, è stato quello sull’opportunità o meno di associare la celebrazione in suffragio di Tegano alla condanna in primo grado nel processo Gotha di don Pino Strangio. Tale accostamento ha causato una presa di posizione da parte dell’Azione cattolica diocesana che, rispettosamente ma puntualmente, ha preso le distanze dalla nota di Libera. Secondo l’Associazione presieduta da Nico Chirico, «l’accostamento incauto di due vicende sideralmente distanti suggerisce nell’immaginario collettivo l’idea che la Chiesa reggina non contrasti sufficientemente il malaffare». La presa di posizione dell’Azione cattolica ha sollevato polemiche Social, alcune delle quali riprese da organi di stampa di carattere nazionale come Informazione cattolica, ma ha anche suscitato apprezzamento e condivisione.
Anche in questo caso, l’intervento di Stamile di questa mattina è riconciliante: «Intendo ringraziare per la delicatezza monsignor Fortunato Morrone, arcivescovo di Reggio – scrive Stamile – che alla nostra un po’ frettolosa nota mi ha personalmente chiamato, e non era certo tenuto a farlo, spiegandomi che in quel trigesimo non si voleva solennizzare niente, anzi il contrario, perché c’era quell’intenzione accanto a molte altre». Si spengono, quindi le polemiche e si lascia spazio al desiderio comune di impedire che simili strumentalizzazioni accadano ancora: «Certo la nota di Libera – prosegue don Ennio Stamile – ha contribuito ancor di più a sollevare il polverone che si poteva evitare se non fosse stato per quell’“accanimento mediatico” che non salva neanche un momento di preghiera. Ma eravamo ben consapevoli che il Vescovo avesse chiarito come in effetti è stato. Personalmente lo ringrazio per quell’esortazione finale a stimolarci e stimolare nel bene e nella bellezza. Di questo solo abbiamo davvero bisogno, mentre piangiamo ancora tante morti bianche sui cantieri infuocati del lavoro e sulle terre bruciate dai piromani».