È lì che matura l’adesione d’amore, che a sua volta suscita l’adesione della vita, ossia dei pensieri e delle scelte; l’obbedienza diventa così la libera risposta ad un amore che precede e avvolge. Ciò determina la permanenza del Padre e del Figlio nel cuore di chi ascolta, l’avventura meravigliosa di sapersi abitati dall’amore vero ed eterno, la percezione di sé come un frammento che contiene il tutto. Sta proprio qui la ragione della nostra dignità, che oggi va svelata come identità preziosa ai tanti che la disconoscono, poiché Gesù, parlando anche di «chi non mi ama», fa intendere purtroppo la possibilità di una rinuncia a questa relazione con Dio. Il richiamo al Padre come origine della parola donata all’uomo non è l’ammissione di una gerarchia all’interno della Trinità, ma di una priorità nel movimento dell’amore, che prevede l’amante e l’amato. Il Signore, poi, sa bene che nemica della vita in Dio è la mancanza di memoria. Noi dimentichiamo il bene ricevuto e per questo ci sentiamo in diritto di prenderci delle cose che non ci spettano. Il peccato è questa sorta di rivincita contro gli altri e addirittura contro Dio, come se fosse colpevole di non darci quello che desidereremmo o di toglierci ciò che prima ci allietava. Il compito dello Spirito sarà pertanto quello di insegnare e ricordare. Paraclito significa ‘chiamato vicino’, e nel diritto antico designava l’avvocato che parlava all’orecchio dell’imputato suggerendo le cose da dire a propria discolpa. Lo Spirito consiglia cosa dire e fare per liberarci da ogni recriminazione come pure dal senso di colpa, frutto del peccato, nel quale il Maligno vuole farci precipitare. Esso è dono purissimo del Padre e del Figlio, e questo rende la sua missione affidabile e fruttuosa, non vana. Sempre per mezzo dello Spirito, Gesù ci dona la sua pace. Subito Egli precisa che non è la pace del mondo, anzi ci domandiamo se possa esserci una ‘pace del mondo’. Dalle manovre umane ci si può aspettare al massimo dei compromessi che producano un certo equilibrio, in cui solitamente sono i più deboli a pagare il prezzo più alto. La pace di Dio, invece, parte dall’alto e si radica dentro, attraversa tutte le situazioni storiche e condizioni dell’animo, permea di sé ogni cosa e abbraccia tutti gli uomini. Certo, più che un possesso essa sembra un obiettivo da raggiungere, ma la consapevolezza che viene da Dio, non dall’uomo, dà la certezza del suo compimento nella storia personale e universale. Se non ci lasciamo agitare dalle preoccupazioni, la pace si sedimenterà più in profondità. La pace che scende nel cuore quando Lui abita in noi, ci lascia sereni anche quando tutto intorno a noi crolla, ci dona la certezza di un ‘lieto fine’ e ci spinge a vivere questa vita anche quando a volte diventa insopportabile. Gesù parla infatti ad una comunità che dovrà attraversare molte tribolazioni, ma se si affida a Lui supererà il timore e custodirà il dono della pace. Anche l’assenza di Cristo, il suo ritorno al Padre, vanno letti in quest’ottica di fede, che costituisce l’ultima e definitiva consegna del Maestro, il punto di arrivo di tutto il suo discorso, senza la quale l’amore e l’azione dello Spirito, la pace e l’assenza di timore non troverebbero l’humus su cui germogliare.
«Se uno mi ama…voi crediate». Si parte dunque dall’amore e si giunge alla fede, lo si poggia sulla roccia della fede, perché l’amore deve essere affidabile, altrimenti è amore a senso unico, o è amore incosciente, e per questo nocivo. A chi affidiamo la vita? Chi l’affida all’amore ‘roccioso’ di Cristo riceverà in dono l’effusione dello Spirito, riceverà cioè più amore, amore puro e sovrabbondante…come quello che sa dare il piccolo Samuel, poco più di un anno, che in ospedale, senza quasi conoscerti, ti si getta al collo per farsi prendere in braccio. E tu, pieno di stupore, capisci che l’Amore ti rende protagonista e artefice di altro amore.