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Nella meditazione, seguente al Vangelo di Matteo e al monito di Gesù “rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”, Padre Giuseppe Fiorini Morosini esorta i giovani ad “individuare il come costruire la città terrena, senza perder di vista la Città Celeste che ci attende. Spesso noi cristiani abbiamo tradito i nostri doveri di cittadinanza. Innamorati, alla sequela di Dio, avremmo dovuto costruire una città terrena giusta, equa, senza la minima ombra ‘ndranghetistica … invece… Stasera – conclude l’Arcivescovo – ragionando su cittadinanza e partecipazione, la seconda macroarea del nostro, del vostro Sinodo, siete chiamati a provocarci col coraggio di essere voi stessi, con la coerenza di ciò che avete scritto e con l’impegno di realizzarlo”.
Concluso il momento orante, torna sull’Altare della Basilica il … salotto sinodale: vi prendono posto Angela Araniti e Riccardo Cutrupi, della presidenza del Sinodo, l’Arcivescovo e l’Onorevole Enrico Letta, già Presidente del Consiglio dei Ministri.
Angela e Riccardo ridipingono nell’animo dei tanti che gremiscono la Cattedrale quei passi compiuti nel preparare e vivere la seconda assemblea pre-sinodale dedicata a “Cittadinanza e partecipazione”, introducendo poi le tre speranze e i tre impegni che, con consultazione on line, i giovani reggino-bovesi hanno scelto e impresso sull’agenda della propria vita, impegnandosi a renderli vivi. Padre Giuseppe riprende il microfono per “ringraziare l’Onorevole Letta per aver accettato il nostro invito”, confidando poi che “nelle parole scambiate prima, l’Onorevole mi ha detto che il documento sinodale che avete approntato è davvero ben fatto. Ragazzi, il presidente si congratula con voi!” Enrico Letta attacca dicendosi rammaricato per “non essere venuto qui, a Reggio, in veste di Premier. Avendo perciò la possibilità e il potere di realizzare quelle soluzioni che magari sarebbero potute servire alla vostra Terra. Forse è proprio per questo motivo che ho accettato con entusiasmo l’invito. Stasera, cari giovani amici, siamo qui perché consapevoli che bisogna cambiare le cose, perché desideriamo tornare a casa con qualcosa in più di ciò che possedevamo prima di venire qua, perché domani potremo dire ad un amico: vieni al Sinodo, c’è da scoprire, da imparare. Assieme poi potremo essere artefici del cambiamento”.
Perché, prosegue l’ex Premier, “la partecipazione richiama il noi. Non può esserci partecipazione se vige l’IO, l’egoismo. L’assistente AC della mia diocesi, Pisa, a noi giovani ricordava: nella mitologia greca IO era il nome della mucca di Giove… Partecipazione, dunque, è essere parte di un NOI, è non stare con le mani in tasca. Ragazzi, il peccato di omissione è grave, gravissimo! E la partecipazione è cittadinanza”.
L’essere cittadini, sottolinea Enrico Letta, “appare oggi scontato: votare è scontato, la democrazia è scontata. Ma … essere cittadini, impegnarsi per il bene comune, per una buona politica, oggi … è rischioso. E poi … guardiamo al Mediterraneo, agli sbarchi, ai morti: tutti noi siamo cittadini che si indignano, si vergognano e si emozionano a comando mentre in tv passano le immagini delle bare dei migranti. Finito il servizio alla tv, dimentichiamo, voltandoci dall’altro lato… Il cittadino, non dimentichiamolo, è accogliente: non può, non deve prefigurarsi il rifiuto e l’accoglienza, specialmente per il rifugiato. Su tanti temi la Parola di Dio richiede una mediazione terrena ma quel … ero straniero e mi avete accolto … è di una chiarezza estrema!”
Cita, l’Onorevole Letta, il filosofo francese Emmanuel Mounier e il suo volumetto intitolato “La paura del Secolo Ventesimo”: “Mounier ci esortava a non aver paura della macchina. All’epoca sua i cattolici avevano sovente paura del progresso. Lui esortava a investire nel progresso, quello buono. Oggi che la politica ha fallito e che grandissime occasioni di partecipazione si prospettano all’orizzonte, investiamo nelle nuove generazioni e nei nuovissimi mezzi di comunicazione, nei social network che, se ben usati, sono risorse preziosissime”.
Tocca lo scottante tema del lavoro, Enrico Letta, tuonando che “è ora che finisca l’eterno ricatto: ti do un lavoro io? Ebbene, in eterno dovrai votare come e chi ti dico io!”
Esorta, avviandosi alla conclusione, i giovani allo studio, Enrico Letta, rievocando i dieci mesi trascorsi a Palazzo Chigi: “più volte ho pensato che di tante di quelle cose complicate, che dovevo affrontare, non avevo una conoscenza sufficiente, poiché da ragazzo, da giovane, non avevo ben approfondito. Ragazzi: studiate, formatevi, riempitevi di contenuti! Ecco la base della cittadinanza e della partecipazione! La Cultura, ricordiamocelo, rende liberi … specialmente da quei condizionamenti che crea l’inferiorità conoscitiva”.
Applausi scroscianti, che fan tremare le antiche volte della Cattedrale, sanciscono il forte legame che Enrico Letta riesce a creare coi giovani reggino-bovesi, tanto da indurre uno dei ragazzi che ha chiesto di porre una domanda all’illustre ospite a chiedere: “Onorevole, come terza cosa … posso … chiederle di farci un selfie?”
Enrico Letta sorride, mettendosi in posa!
Padre Giuseppe prende il microfono esclamando: “giovani, non dimenticate che … chi non rischia non rosica!”
Rispondendo alle domande, Letta, tra l’altro, suggerisce l’istituzione, “a Palazzo Chigi, di un … ufficio San Tommaso: un ufficio dove il più incredulo cittadino potrà verificare se tutto ciò che i politici dicono e promettono è mai iniziato e soprattutto è mai giunto a compimento!” e ricorda che “la politica è per gli altri, non per se stessi”.
E mentre Enrico Letta, entusiasta, ribadisce la disponibilità “a seguirvi nel vostro cammino, mettendomi a disposizione per ciò che mi compete”, Padre Giuseppe lo esorta a proporre “una mozione, una legge, che impedisca a chi, governando si dimostra incapace, addirittura disastroso, di potersi ricandidare” e conclude, l’Arcivescovo, ringraziando, “stasera, don Davide Imeneo e tutta la sua equipe delle Comunicazioni Sociali per il gran lavoro compiuto e ancora da realizzare!”
Insomma, per dirla col missionario e teologo luterano franco-tedesco Albert Schweitzer, “l’unica cosa importante, quando ce ne andremo, saranno le tracce d’amore che avremo lasciato”.
I politici, ahinoi, spesso lasciano tracce utili soltanto alle magistrature.
Forse, potrebbero prendere esempio da quei due preti accomodatisi all’ingresso della cattedrale: entrambi stanno consumando la propria esistenza nel portare Speranza all’Uomo del Terzo Millennio… A proposito, quei due preti sono Padre Giuseppe Fiorini Morosini e don Mimmo Cartella!