Il primo punto focalizza la comunità e la comunione non «in un’ottica di impegno di trasmissione della fede, tenendo conto che oggi la fede e la dimensione religiosa non sono più un’esigenza vitale generalizzata». Il documento ricorda che cristiani non si nasce ma si diventa, per questo ogni battezzato deve riscoprirsi missionario e con le sue comunità deve sentirsi «evangelizzatore lì dove si svolge la sua vita, esprimendo giudizi di fede, secondo la dottrina della Chiesa, sui vari problemi che si dibattono, e andando coraggiosamente contro la cultura dominante, senza paura di essere diverso».
La fede va trasmessa ma questo impegno non può esaurirsi in un formulario di dogmi da stendere in fredde lezioni. Monsignor Morosini, nel secondo punto delle linee pastorali diocesane, ricorda a tutti come sia fondamentale che le comunità vivano atti- vamente il proprio territorio perché «Se la trasmissione della fede non avviene come risposta cristiana agli interrogativi e ai problemi dell’uomo, essa appare inutile, come succede per tanti che fanno catechesi riempendosi di ‘nozioni’, non accolte come utili per affrontare la vita». A tal proposito, e fra le numerose proposte presentate, emerge nel terzo punto la nascita di un “laboratorio pensante” che dovrà «organizzare giornate o momenti di riflessione sui problemi della zona o del quartiere, visto che ormai non esistono più le circoscrizioni e i comitati di quartiere».
Nei punti quattro e cinque, monsignor Morosini torna a ribadire la centralità della famiglia ed il valore del matrimonio nell’impegno del cammino diocesano. Il vescovo non manca di rilevare i risultati positivi già ottenuti e proprio in virtù di questi: «Bisogna proseguire nel cammino ritenendo la famiglia come veicolo di comunione nella comunità e come strumento di lettura del territorio ». Nel documento si legge che «se bambini e ragazzi, educati nelle parrocchie per i sacramenti o nei gruppi, mostrano sorprendente ignoranza sui contenuti di fede o abbandonano la pratica religiosa dopo aver ricevuto i sacramenti dell’iniziazione cristiana, ciò è dovuto al fatto, per lo più, che le famiglie non hanno interesse per la formazione cristiana, ma solo per i sacramenti, nel contesto di una religione seguita solo come fattore culturale». Tale consapevolezza ha portato a indicare un’attenzione privilegiata «alla pastorale familiare e meno tempo ed iniziative alla pastorale per i bambini», e a sostenere ed incentivare i gruppi–famiglia.
Negli incontri a Cucullaro si è condiviso «che, dinanzi all’egemonia della cultura laica, la comunità cristiana deve impegnarsi a conoscere e a diffondere la cultura cattolica ». La diffusione della cultura cattolica è, pertanto, indicata come impegno programmatico nel sesto punto del documento suggerendo, tra l’altro, l’uso di internet e dei social network come efficaci veicoli.
L’ultimo punto programmatico è dedicato alla Cresima, «sacramento che prevede lo stimolo ad una rilettura della propria fede. Una preparazione non solamente intellettuale, come se si trattasse di lezioni scolastiche, ma come invito ad un’esperienza di fede e di vita, da svolgersi nella comunità. Quest’anno dobbiamo prestare maggiore attenzione a questi percorsi di fede, tenendo conto sia dei cresimandi che dei loro padrini».