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Le Ceneri, segno della sofferenza di Cristo che salva

Il Mercoledì delle Ceneri – quest’anno il 5 marzo – segna, nella tradizione cristiana, l’inizio della Quaresima, il tempo di preparazione alla Pasqua. Il rito dell’imposizione delle Ceneri richiama profondamente il senso della penitenza e della conversione.

Imposizione delle Ceneri, un gesto attestato dalla Bibbia

Il gesto e la Parola che costituiscono il rito dell’imposizione delle ceneri evocano sia l’azione penitenziale di cospargersi il capo di cenere, spesso attestata dalla Bibbia in occasione di lutti o di pentimento per il peccato, sia la dichiarazione divina della precarietà di Adamo dopo la caduta. In Giosuè 7,6, dopo la sconfitta di Ai, Giosuè e gli anziani si stracciano le vesti, si prostrano a terra e si ricoprono la testa di polvere. Gli amici di Giobbe, considerandolo come già morto, compiono il medesimo gesto in 2,12. Già questi esempi attestano che nell’AT l’immagine della polvere ricorre prevalentemente in ambiti di distruzione, umiliazione e morte.

La polvere esprime da una parte l’agire di Dio, che intima all’uomo di ravvedersi finché è in tempo; dall’altra parte essa indica l’impegno umano di conversione.

Il Servo di Yhwh e la sofferenza redentrice

Ciò richiama il momento dell’Origine, in cui la polvere è la materia usata da Dio per creare l’uomo, ed è quindi significativo che chi compie il sacro rito delle Ceneri chieda al Creatore di essere riplasmato per poter vivere più pienamente la relazione di alleanza con Lui. Umiliazione e conversione si ritrovano nel quarto canto del Servo di Yhwh in Is 52,13–53,12, nonostante non compaia lì il sostantivo “polvere”.

Rintracciamo il primo tema nell’itinerario stesso del Servo. In 52,14 il suo aspetto sfigurato suscita lo sbigottimento dei molti; tale visione induce i re al rispetto e alla riverenza come frutto di un processo di riflessione sulla sorte dell’inviato di Dio, che prima non avevano considerato. A partire da 53,1 inizia il racconto di un gruppo anonimo, che probabilmente dà voce alla coscienza religiosa di Israele, testimone della umiliazione e della esaltazione del nostro personaggio. I vv. 2-9 sono incentrati sul primo aspetto. I vv. 2-3 rievocano i fatti della vita del Servo: la nascita, la crescita, cui si allude mediante le immagini del virgulto e della radice, la negazione della bellezza, il disprezzo e la disistima. I vv. 4-6 forniscono il senso di questi fatti: il Servo ha portato i peccati degli altri e la punizione che ne è derivata, in virtù di una precisa disposizione divina.

Dalla sofferenza alla salvezza

Il suo dolore suscita il pentimento e la confessione delle colpe da parte di chi parla, in quanto riconosce nella sorte di colui che soffre le conseguenze del proprio peccato: qui troviamo l’aspetto della conversione, che diventa un fatto comunitario, per quanto abbia origine da una scelta personale. La sofferenza vicaria del Servo produce la salvezza, espressa in termini di guarigione («per le sue piaghe noi siamo stati guariti», v. 5), che implica la remissione dei peccati e l’abolizione della pena che la comunità doveva scontare e che invece egli stesso ha espiato.

Viene poi presentato Yhwh come il fautore della missione del Servo e, attraverso la metafora del gregge disperso, si lascia intravedere la comunione che quest’opera ristabilirà all’interno di un popolo che appariva essere disgregato.

Anche nell’ultima tappa del suo itinerario l’inviato di Dio subisce gli effetti di una sorte iniqua perché, da innocente qual era in vita, è esposto, persino da morto, al contatto con tutti i colpevoli. Egli ha sperimentato il male di questo mondo in tutta la sua profondità e niente gli è stato risparmiato poiché ha assunto su di sé ogni elemento negativo dell’esperienza umana, non accettando quindi passivamente la propria missione, ma vivendola nella più attiva e totale docilità alla volontà di Dio. Grazie a questa fedeltà, il cammino dell’Unto non è una maledizione, ma è promessa e compimento della salvezza.

* Biblista

L’articolo Le Ceneri, segno della sofferenza di Cristo che salva proviene da Avvenire di Calabria.