{module AddThis}Alla fine del suo racconto il narratore si rivolge al suo lettore e lo informa di una selezione che ha operato per scrivere il vangelo: “Vi sono ancora molte cose compiute da Gesù che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere”. (Gv 21,24-25). Il motivo di questa scelta l’ha spiegato in precedenza: “Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.”. La scelta di separare le due affermazioni è legata strettamente alla situazione, era necessario per l’autore far capire al lettore che il “segno” finale dell’apparizione di Gesù è legato alla fede ma anche a una comunità che giacché tale, costituita continuamente dalla relazione con Gesù, può garantire le condizioni in cui il singolo può sperimentare direttamente ciò che gli è stato annunciato.
Il brano evangelico della seconda domenica di Pasqua è raccontato, per far comprendere il legame fra tre elementi: l’apparizione di Gesù, la Chiesa, e la fede. La comunità a cui appare Gesù non è solo un insieme di persone sole e impaurite, ma un “luogo di fede”, poiché costituisce lo spazio in cui Gesù viene. L’evangelista, infatti, non specifica il posto fisico, ma pone l’accento sui discepoli che si trovavano a porte chiuse per timore dei Giudei e su Gesù che si ferma in mezzo a loro. Il punto di riferimento del venire di Gesù non è un luogo fisico ma relazionale, di fede: nella comunità è presente il discepolo che è andato con Pietro al sepolcro e ha visto e creduto e poi è tornato a casa; una comunità che è “costretta” a riflettere sull’annuncio di Maria Maddalena che ha visto il Signore e ha riferito tutto ciò che le ha detto. Lei è la prima persona a realizzare la dinamica che Paolo ci ricorda nella lettera ai Romani: “Chi scenderà nell’abisso? – per far risalire Cristo dai morti. Che cosa dice dunque? Vicino a te è la Parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore, cioè la parola della fede che noi predichiamo. …Dunque la fede viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo” (10,7-8.17). L’incarnazione, la vita, la morte e la risurrezione hanno costituito una comunità e l’hanno predisposta all’accoglienza del Risorto, ai suoi doni e al suo mandato. L’apparizione del Risorto non è staccata da tutto ciò che l’ha preceduto come se volesse semplicemente dimostrare qualcosa che era stata annunciata ma la continuazione di una missione che Gesù ha ricevuto dal Padre e che ora affida ai discepoli: “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”.
Una comunità già costituita e resa capace di accoglienza ora viene trasformata dal dono dello Spirito che il Risorto alita su di loro, a cui è possibile affidare non solo la remissione dei peccati ma anche la non remissione. In poche righe l’evangelista chiede al suo lettore di percepire nella comunità un’accoglienza diversa, l’accoglienza di Tommaso, assente alla venuta di Gesù. L’apostolo diventa per la comunità il primo discepolo che ha difficoltà a credere, non a credere a una possibile apparizione, ma ad appoggiarsi alla parola degli altri discepoli e alla loro esperienza. In questo caso la comunità primitiva non emargina o espelle Tommaso, ma poiché comunità trasformata dalla visita del Risorto garantisce lo spazio e il tempo in cui la difficoltà dell’apostolo nei confronti della comunità stessa può diventare attesa dell’incontro del Signore, accesso alla beatitudine: “Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto”.
Di fede in fede la comunità viene costituita da Gesù e sussiste per dare la possibilità a ogni cercatore di Dio, nonostante i suoi dubbi sulla Chiesa stessa, di avere la vita e di generare quella di altri figli come ci ricorda la domanda che il sacerdote rivolge ai genitori che presentano il figlio prima di amministrare il Battesimo: “Volete dunque che N riceva il Battesimo nella fede della Chiesa che tutti insieme abbiamo professato?” Forse le porte chiuse menzionate una seconda volta nel brano, hanno la funzione di custodire il discepolo e l’esperienza del Risorto e di permetterne l’incontro.