Il 24 novembre la dottoressa Paola Argentino, medico psichiatra, ha offerto un’occasione di profonda riflessione presentando il suo ultimo libro “La spiritualità è cura: la forza dell’amore nel dolore – Manuale di Psicosociologia sanitaria gestaltica” nei locali del Consultorio Familiare Diocesano “P. Raffa”, luogo prezioso del prendersi cura.
“Spiritualità è cura”, Paola Argentino è intervenuta al Consultorio diocesano Raffa
È autrice di molte pubblicazioni scientifiche, in cui ha trasmesso la sua autorevole e appassionata competenza professionale per la medicina e per la mente. Partendo da esperienze dolorose del proprio vissuto e dall’osservazione della difficoltà del personale sanitario a gestire la comunicazione della diagnosi e la presa in carico nella malattia grave, specialmente oncologica, si è soffermata sull’importanza della qualità della vita anche nelle situazioni patologiche inguaribili, ma mai incurabili, quando è essenziale potenziare le risorse della persona malata.
Citando papa Francesco «Nessuno si salva da solo», ha aggiunto «nessuno si cura da solo». Volgendo lo sguardo all’icona della Madonna ai piedi della Croce, ha sottolineato che la mission dei caregiver è l’Amore per la vita, prendendosi cura di tutte le fragilità fisiche e mentali. La dottoressa si riferisce al concetto dell’intercorporeità nel modello clinico della Gestalt therapy.
L’innovazione della “spiritualità è cura” consiste nel prendersi a cuore la sofferenza con un’apertura alla bellezza e all’armonia nella relazione. Il dolore spirituale è il più difficile e si presenta quando perdiamo il senso della vita. La spiritualità appartiene all’emotività interna e l’obiettivo di cura è quindi ristabilire le relazioni affettive. Partendo dalla narrazione del paziente e dei familiari, si deve arrivare alla compassione, che non porta alla fatica e al burn-out dell’operatore nel contatto con il dolore. Si attivano invece aree cerebrali che rilasciano neurotrasmettitori del piacere e della felicità e si vive un reciproco miglioramento della qualità della vita.
Quando invece la relazione di aiuto viene guidata solo dai neuroni specchio, che ci aiutano a capire l’altro, si entra in simbiosi e si rimane in un rapporto di empatia non efficace per la cura. Un’interessante interpretazione dell’autrice è quella dell’universo psichico come una matrioska che contiene nella vita evolutiva dal più piccolo al più grande tutti gli episodi di contatto delle nostre relazioni (dalla prenatalità all’ultimo episodio di contatto del processo del morire).
L’amore per la vita, cura contro il dolore
Quindi la relazione del prendersi cura non è concepita in un’ottica deterministica e predeterminata. La dottoressa ci ha trasmesso anche la sua grande ammirazione per Ildegarda di Birgent (monaca benedettina del XII sec.) che fu la prima donna nel mondo occidentale ad essere riconosciuta come punto di riferimento spirituale e culturale per la sua opera teologica e scientifica.
Per lei la salute era intesa come fisica e spirituale insieme, in costante equilibrio: in questa visione unitaria era questa la salvezza dell’uomo.
Nel rapporto di cura c’è anche necessità dialogica per alimentare la speranza e la vitalità, infondendo con le parole fiducia e motivazione. Finché c’è spiritualità nella cura c’è Vita. La dottoressa infine ha arricchito la sua presentazione con il racconto di esperienze cliniche e testimonianze che hanno suscitato ulteriore interesse per la lettura del libro. Ha lasciato certamente nell’attenta e numerosa assemblea sentimenti di gratitudine e rappacificazione con il mondo del dolore.