Il discorso si apre con un invito e una promessa da parte del Maestro. L’invito a osservare i suoi comandamenti e la promessa dell’invio dello Spirito Santo. Le due realtà sono unite da una particolare condizione: “Se mi amate”. Da qui una nostra prima riflessione. Possiamo dire noi oggi di amare veramente il Signore? In cosa consiste questo nostro amore per Lui? Come lo esprimiamo concretamente? Sappiamo che l’amore richiestoci da Gesù non è puro sentimentalismo o bisogno di smancerie, ma impegno concreto da vivere fedelmente nella quotidianità. Ci viene richiesta l’osservanza dei comandamenti, non tanto come puro adempimento di legge, ma capacità di osservare il comando che li riassume e compendia tutti, quello dell’amore: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri”. Non ci sfugga un particolare: Gesù non ci chiede di amare esclusivamente Lui, non ci dice “amatemi”, ma “amatevi”. Ecco la prova vera dell’amore verso Lui: lo sforzo di amare i fratelli con tutto il cuore; l’amore per il prossimo (carità) diventa allora il termometro dell’amore per Dio (fede).
Segue la promessa dello Spirito Santo: “Io pregherò il Padre e Egli vi darà un altro Paraclito”. Da sempre la Chiesa vede in questa espressione la conferma della nostra fede nel mistero della Santissima Trinità, che è essenzialmente mistero di amore e di comunione, fondamento della comunione umana. Da qui la convinzione che l’amore e la comunione tra noi non possono essere considerati un optional, ma un elemento essenziale della nostra identità di figli di Dio. Ecco perché per ogni discepolo di Cristo lo sforzo nell’impegno di accogliere il dono della comunione trinitaria e di incarnarlo nelle relazioni con i fratelli non sarà mai inutile e superfluo. E poi il dono dello Spirito Santo, qui definito il Paraclito, traslitterazione del greco “para-cletos”, da noi tradotto semplicemente con il termine “consolatore”, ma che significa letteralmente “ad-vocatus”, “chiamato vicino”, ossia l’avvocato vero disposto a difenderci da tutti gli attacchi da tutti quegli che ci attaccano, ma soprattutto dell’accusatore, il diavolo, colui che ci vuole separare e allontanarci da Dio e dai fratelli. La presenza dello Spirito in noi non è passeggera ma stabile e permanente, “che rimanga con voi per sempre”. Quanto bisogno abbiamo di chi ci stia vicino, ci difenda e ci protegga, di chi ci custodisca dal male! Nessuno può farlo meglio dello Spirito Santo, specialmente se da noi invocato, desiderato e accolto con tutto il cuore.
Il vangelo si conclude con una delle più belle dichiarazioni d’amore: “Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui”. “Amor con amor si paga”. Chi non conosce la nota espressione del grande Francesco Petrarca, ma forse non tutti conoscono la seconda parte del verso: “Chi con amor non paga, degno d’amor non è”. L’espressione non vuole certo essere un ricatto o una minaccia e neanche l’interpretazione del vecchio principio romano “do ut des”, ma è un modo concreto di dire che nessun amore può essere imposto o obbligato, ma va accolto con libertà e con gioia. Per essere accolto, l’amore va compreso e bisogna sapere anzitutto chi è l’amante e quale è il prezzo pagato per la manifestazione di questo amore. Anche il precetto evangelico dice “amatevi l’un l’altro”, precisando che l’amore non può essere mai a senso unico. Dunque, se è vero che è il comandamento fondamentare della vita cristiana è quello di dare amore, è ancor più vero che nel cuore di ogni uomo c’è il bisogno di essere e sentirsi veramente accolti, amati e voluti bene. Chiediamo al Signore di farci comprendere allora che la vita è un servizio d’amore, e che solo nell’impegno di amare Dio sopra ogni cosa e il prossimo come noi stessi possiamo realizzare la nostra natura umana e diventare testimoni credibili dell’amore di Dio che libera e salva.