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La zizzania nel campo, il dovere di fare i conti con il limite

Vale per tutti il monito conclusivo del brano odierno “chi ha orecchi ascolti”, che invita ad aprire bene le orecchie e soprattutto il cuore all’ascolto della Parola, perché non è difficile cadere nella proverbiale tentazione del “chi non c’è più sordo di chi non vuol sentire”. Questo linguaggio può essere utile anche a quanti si dedicano lodevolmente all’opera di evangelizzazione, attraverso la predicazione o l’approfondimento teologico della rivelazione, ma non per questo esenti dalla tentazione di usure un linguaggio forbito, qualche volta inaccessibile ai più e dunque riservato solo ai cosiddetti “addetti ai lavori”. A noi piace ricordare che il vangelo è per tutti, e che quindi tutti hanno diritto di ascoltare la parola, di comprenderla facilmente per viverla adeguatamente. Le tre parabole, del grano e della zizzania, del granellino di senape e del lievito, ci dicono indubbiamente la pazienza di Dio, che sa attendere i tempi giusti per ottenere sempre il bene, e la sua predilezione per le cose piccole e umili che sanno dare risultati impensabili. La speranza è il fil rouge che lega il brano evangelico di oggi.

Come nel caso del seminatore domenica scorsa, ci viene riportata anche una dettagliata spiegazione che lo stesso Maestro dà a chi glielo chiede esplicitamente: “Spiegaci la parabola della zizzania nel campo”. In una sorta di centro di ascolto o circolo del vangelo odierni, Gesù approfondisce in piccoli gruppi di persone la Parola di Dio. Nonostante siano passati quasi 60 anni dalla pubblicazione della Dei Verbum, la splendida costituzione con la quale il Concilio Vaticano II ha cercato in tutti i modi di rilanciare il primato della Parola, sono ancora numerosi i fedeli che invece di vivere adeguatamente questo prioritario impegno, si perdono dietro a forme di devozionismo e di ritualismo che non sempre aiutano la crescita nella fede.

Portiamo con noi allora l’insegnamento delle parabole odierne, a cominciale dal far nostro lo stile di Gesù, improntato alla pazienza e alla misericordia. Di fatti anche oggi non mancano i “giustizieri di Dio”, che vorrebbero una “Chiesa pura per i puri”, impegnata ad allontanare da essa tutti i peccatori, per includere e salvare solo i giusti. Ma può un cristiano adulto nella fede sentirsi sempre e comunque dalla parte del grano buono e considerare gli altri esclusivamente zizzania cattiva? Possiamo dire di essere stati sempre operatori di pace e mai seminatori di zizzania? Deriva da qui un nostro quotidiano impegno, accogliere l’invito di Gesù a imparare da Lui l’umiltà del cuore, virtù indispensabile nel cammino di santità, che ci porterà a comprendere come nella Chiesa sia importante anche un semplice granello di senapa, all’inizio piccolo e insignificante, ma poi capace di rivelarsi “il più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido tra i suoi rami”. Bisogna apprezzare anche il valore della piccola quantità di lievito, a prima vista anch’esso quasi inutile e insignificante rispetto alla massa di farina, ma senza la sua presenza non avremo il buon pane per la gioia di tutti. Invochiamo allora lo Spirito, affinché sappiamo vincere ogni forma di mania di grandezza, superbia e alterigia, e viviamo il costante impegno a seguire lo stile di Dio, che “sceglie ciò che nel mondo è debole per confondere i forti” e che ci insegna a praticare una “pazienza generativa” sempre più necessaria non solo per la crescita e il progresso, ma per la salvezza del mondo intero.

Monsignor Giacomo D’Anna