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La vigna e il figlio unico, un amore senza riserve

{module AddThis} Quando tutto ciò viene raccontato come storia vissuta, come dice San Paolo diventa per noi esempio e ammonimento: «Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritto a nostro ammonimento per i quali è arrivata la fine dei tempi» (1Cor 10,11). L’esempio non è solo nei fatti e nelle parole che li fissano, ma anche nella forza vitale che il racconto contiene in quanto dentro è presente Dio. Un esempio concreto ci è dato dalla “parola” della XXVII domenica del tempo ordinario di questo anno liturgico. Il tema della vigna viene proposto non solo come metafora statica della relazione tra Dio e il suo popolo, ma soprattutto per far vedere la forza dinamica di questa relazione. Dio e l’uomo non sono presentati nel loro atteggiamento puntuale ma nella storia. Per comprendere questa dimensione dinamica è necessario il passaggio, nelle somiglianze e nelle differenze, tra il cantico della vigna del profeta Isaia e la parabola dei vignaioli omicidi riportata dal vangelo di Matteo. Nel fare questo, la prima cosa che salta all’occhio sono le somiglianze, in entrambi i casi Dio è colui che pianta la vigna e la cura in modo tale che possa portare frutto. Quest’ultima espressione ci fa capire non solo il motivo per cui la vigna è stata piantata e curata, ma anche la fiducia e le aspettative che il padrone ha. Le differenze si appoggiano sulle somiglianze e fanno vedere l’evoluzione del contenuto del messaggio, se nel primo caso il Padrone si fermava, c’è un’allusione a «nel settimo giorno porto a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro» (Gen 2,1), «aspettò che procedesse uva», nella parabola affida la vigna a degli agricoltori e se ne va. Anche nella differenza i due racconti fino a questo punto si mantengono neutri, il discorso si complica nel momento in cui la vigna “dovrebbe” dare i frutti. Nelle aspettative divine, ma anche in quelle umane, la vigna è stata piantata e curata con la finalità di portare frutti al padrone. L’insistenza del narratore sulle cure fa capire al lettore che il padrone ha fatto tutto quanto doveva: «Cosa dovevo fare ancora alla mia vigna che io non abbia fatto?». Ma se nel cantico della vigna il racconto si complica a causa della stessa vigna, nella parabola si complica a causa dei vignaioli, cha autonomamente decidono di spezzare il patto con il padrone e di pretendere l’eredità. Anche in questo secondo caso il brano ci mette davanti a una domanda che chiede di entrare concretamente nei pensieri e nelle azioni di Dio e di emettere un giudizio: «Quando dunque verrà il padrone della vigna cosa farà a quei vignaioli?». In entrambi i casi il padrone della vigna si sente “costretto” a prendere delle decisioni, la necessità non riguarda lui ma la vigna e i vignaioli. Non ha più davanti a sé la vigna e gli agricoltori, ma delle vitigni selvaggi e degli assassini. E ancora, se nel primo caso non era possibile salvare niente, l’unica cosa era togliere la siepe e trasformarla in pascolo selvatico, nel secondo caso non solo è possibile ma è necessario salvare la vigna. Ed ecco la sorpresa, davanti all’incapacità umana di trovare una risposta alla domanda, se non quella di far morire gli agricoltori e di sostituirli con gli altri: «Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno frutti a suo tempo», Gesù apre una nuova strada: «La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d’angolo; del Signore è stato fatto questo, ed è una meraviglia ai nostri occhi». Il lettore si trova davanti a qualcosa di strano, la metafora agricola viene improvvisamente sostituita da quella edilizia. Non si può fare a meno di ricordare il capitolo tre della lettera ai Corinzi in cui l’apostolo Paolo fa la stessa cosa, Dio solo può far crescere, ma se l’uomo vuole costruire deve prendere coscienza che non può porre fondamento diverso da Gesù Cristo (Cfr. 1Cor 3,11). La citazione del salmo 118, 22–23, infatti, non solo annuncia la morte di Gesù Cristo ma anche la sua risurrezione, poiché l’opera di Dio diventa mirabile ai nostri occhi solo ed esclusivamente nella risurrezione di suo Figlio. Tra la risposta dei principi dei sacerdoti e degli anziani, che propongono di uccidere gli agricoltori, e la soluzione di Gesù: «Vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato ad un popolo che lo farà fruttificare», c’è l’azione sorprendente di Dio, che non uccide i vignaioli, ma dà in dono suo Figlio.