Sarà per il fatto che Gesù ha già presentato il programma di vita cristiano, che non è semplicemente un “nuovo” modo di credere, l’adesione a una nuova dottrina rivelata, o una nuova morale, quanto un modus vivendi per niente semplice e scontato, ma quanto mai esigente, se pensiamo soprattutto a indicazioni fondamentali come la scelta preferenziale per i poveri e gli oppressi, il perdono delle offese, l’amore per i nemici, ecc. Gesù da parte sua sembra addirittura rincarare la dose con un velato rimprovero sulla loro poca fede: «Se aveste fede quanto un granellino di senape potreste dire a questo gelso: “sradicati e vai a piantarti in mare”, ed esso vi obbedirebbe», e usa l’esempio al quanto sproporzionato tra il granellino di senape, considerato il più piccolo tra le graminacee, e l’albero di gelso, imponente e poderoso, proprio per sottolineare la debolezza nel nostro modo di credere e la potenza di Dio che si rivela sempre a quanti si fidano di Lui. Ma qual è l’espressione più concreta di una fede vera, sincera ed efficace? Per Gesù non ci sono dubbi: essa ha una sola coniugazione, il servizio. Da qui la seconda parabola del vangelo odierno, quella del servo operoso. Il messaggio è chiaro: come un servo fa tutto quello che deve fare senza protestare o rivendicare diritti perché sa che quello è il suo dovere, così il vero discepolo si spoglierà dalla sua mania di grandezza e di dominio per farsi servus servorum Dei: «servo dei servi di Dio». L’espressione è stata attribuita a tutti i romani pontefici, ma nessuno come Gesù «umilio sé stesso assumendo la condizione di servo, facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce». Quante volte ci riempiamo la bocca di parole e discorsi circa l’importanza del servizio, ma quanti sappiamo poi veramente servire, come Gesù desidera, «considerando veramente gli altri superiori a noi stessi?». Uno slogan non dovremmo mai dimenticare e trascurare: «c’è chi serve la Chiesa e chi si serve della Chiesa» C’è, cioè, chi per amore di Cristo serve i fratelli con gioia ed umiltà e chi invece sfrutta i fratelli, magari ostentando il proprio modo di servire, ma solo per avere prestigio, potere e affermazione. Ecco perché Gesù conclude l’odierno insegnamento con una frase tanto lapidaria quanta programmatica: «Quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare». E stupidamente, invece di interrogarci se davvero possiamo dire di aver fatto tutto, senza commettere omissioni e infedeltà, ci domandiamo: e che serviamo e ci impegniamo a fare, se poi dobbiamo essere considerati servi inutili? Bello quanto ci insegnano i più noti esegeti che interpretano il senso della parola inutile non come colui che non serve a niente, ma come senza utile, ossia senza bisogno di paghe, gratificazioni, riconoscimenti, in quanto gli basta sapere che ha ricevuto il massimo degli onori e dei riconoscimenti nel momento in cui è stato chiamati a lavorare e servire nella vigna del Signore. Non ci poteva essere titolo più onorifico, carriera più prestigiosa, successo più esaltante del fatto che Gesù si è fidato di noi e si affidato a noi. E questo solo per farci comprendere che la vera fede consiste nel saperci fidare di Lui e affidarci a Lui, e che l’autentico servizio sta nel saper essere come Lui ci vuole e dove Lui vuole. Mi piace concludere con le parole di un noto canto dei “Gen verde”, che riprende il testo evangelico di oggi e delinea un vero programma di vita: «Fa’ che impariamo Signore da Te che il più grande è chi sa servire, chi si abbassa e chi si sa piegare, perché grande è soltanto l’amore». E facciamo nostra la preghiera degli apostoli: «Signore, aumenta la nostra fede» e diamone quotidiana testimonianza con un servizio umile, discreto e disinteressato ai fratelli.