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La Piccola Opera gestirà le Comunità di Accoglienza volute da don Italo

Gli operatori di casa Corigliano di Reggio Calabria

Le Comunità infatti si occupano di oltre 80 persone attraverso esperienze ormai storiche, quali Casa Ospitalità per gli anziani, Casa Accoglienza per le donne in difficoltà, Casa Cassibile per donne con disabilità mentale e Casa Corigliano struttura per persone con problemi psichiatrici. Accanto a queste comunità alloggio, sono poi nati, per rispondere alle nuove emergenze, i servizi contro la tratta e contro la violenza sulle donne.
Una costellazione di esperienze nate in seno alla diocesi a partire dalla fine degli anni ’70, per volontà di don Italo Calabrò, e che oggi rappresentano un patrimonio straordinario non solo per la diocesi, ma anche più in generale per il welfare reggino.
Una grande responsabilità, sino ad oggi ottimamente portata avanti dalla nostra diocesi, attraverso le Comunità di Accoglienza, guidate negli ultimi anni, con grande spirito di servizio, da Roberto Petrolino, grazie all’apporto prezioso dei tanti volontari che vi si sono impegnati e degli operatori che hanno vissuto, e tutt’oggi vivono, la loro professione come una vera missione.
Una responsabilità però che l’arcidiocesi, in quanto tale, non ha più la possibilità di sostenere, viste le mutate condizioni giuridiche ed una normativa sempre più stringente che impone requisiti organizzativi e professionali, ed oneri gestionali sempre più importanti. La gestione di servizi socio assistenziali strutturati, come quelli delle Comunità di Accoglienza, impongono normativamente l’organizzazione gestionale ed economica propria di attività imprenditoriali. La riforma del Terzo Settore, e quindi anche delle cosiddette attività a gestione separata, cioè quei servizi sociali sino ad oggi gestiti dalla Chiesa alla stregua di un qualunque Ente no profit, nonché l’ormai imminente (speriamo!) riforma del welfare calabrese, hanno infine imposto paletti e responsabilità che non sono più compatibili con la gestione ecclesiale, evidentemente avulsa da logiche imprenditoriali e burocratiche.
Di fronte a tali imposizioni normative, tra tutte le ipotesi, quella che maggiormente poteva garantire la continuità alle Comunità, anche e soprattutto salvaguardandone lo spirito originario, era il trasferimento della gestione ad una organizzazione che avesse i medesimi valori di riferimento e che potesse garantire in termini di solidità e serietà. Ed è per questo motivo che l’arcivescovo, sentito il parere degli Uffici diocesani preposti, ha ritenuto opportuno chiedere alla Piccola Opera “Papa Giovanni” di farsi carico di tali straordinarie esperienze, considerando non solo i 50 anni di vita dell’Associazione, ma anche il comune fondatore don Italo Calabrò e quindi il medesimo imprinting valoriale.
Le Comunità di Accoglienza rappresentano un patrimonio di umanità e professionalità che monsignor Morosini ha inteso salvaguardare e garantire per il futuro, chiedendo con determinazione che tali servizi non perdano l’originaria funzione pedagogica e pastorale.
A tal fine, l’accordo sottoscritto prevede che annualmente la diocesi (attraverso la Caritas) e la Piccola Opera, definiscano un programma pastorale teso a valorizzare al massimo, soprattutto con i gruppi e le parrocchie, il valore educativo delle opere.
La diocesi quindi non si “spoglia” delle Comunità, ma ne garantisce il futuro attraverso la Piccola Opera, mantenendo viva la propria presenza all’interno dei servizi e soprattutto degli stessi servizi all’interno della comunità ecclesiale.
La Piccola Opera, dal canto suo, ha accolto con spirito di servizio questa nuova responsabilità. Una responsabilità che intende giocare sino in fondo, seppure consapevole delle difficoltà legate ad un sistema di welfare, quello calabrese, estremamente povero di risorse ed arretrato, in attesa di una riforma, tante volte annunciata ma ancora lontana dal divenire realtà.

Luciano Squillaci