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La nostra vita tra Facebook e Whatsapp

Settimana della Comunicazione a Reggio Calabria

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Ben presto l’Auditorium “Don Orione” si riempie tanto che i posti a sedere non bastano più, e questa è già una prima vittoria: essere riusciti a organizzare per la prima volta un appuntamento in cui sono coinvolte le scuole secondarie di primo e secondo grado della città. Sono quasi trecento i ragazzi coinvolti, del liceo “Volta”, del Convitto “T. Campanella”, del liceo artistico del “Fermi” e delle scuole medie “Pythagoras” e “Galilei” e gli alunni dell’Istituto “San Vincenzo de’ Paoli”. Nei giorni scorsi sono stati preparati al tema della comunicazione attraverso un questionario che analizza i loro rapporti con i media e i cui risultati verranno presentati nel pomeriggio. L’incontro, moderato da don Davide Imeneo, direttore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali, prevede l’intervento di tre relatori, il dottor Guido De Caro, l’avvocato Renato Marafioti e la sociologa Elisa Manna che avranno il compito non facile di far riflettere gli studenti sui problemi connessi all’uso di Internet. Compito non facile perché i ragazzi, riguardo l’uso delle tecnologie, credono di essere sempre più preparati degli adulti e di non poter imparare nulla da chi è più grande di loro; ma, alla fine, qualche messaggio riesce a passare.
Tra passione e dipendenza
L’intervento del dottor De Caro, psicoterapeuta, mette in evidenza come internet stia modificando la nostra vita ma anche, e soprattutto, la nostra mente. Internet ha superato la distinzione tra mondo immaginario e mondo reale; ha infatti creato il mondo virtuale, un mondo creato dal computer ma in cui ci si immerge e che diventa difficile distinguere dal mondo reale. Se internet può quindi appassionare gli utenti, allo stesso tempo bisogna aver presente il rischio della dipendenza dal web. Il dottor De Caro analizza i modi in cui questa dipendenza si manifesta, tra cui la necessità di accedere alla Rete sempre più spesso e l’impossibilità di tenere sotto controllo l’uso di internet, e presenta le varie tipologie di dipendenza. Giochi di ruolo, gioco d’azzardo, chat, shopping on line, frequentazione di siti pornografici: sono davvero tante le cyberpatologie in cui rischiano di incappare i frequentatori di internet.
L’hacker non è un criminale
Lascia stupiti e spiazzati l’affermazione dell’avvocato Marafioti, presidente dell’associazione culturale Format, specializzato nella formazione all’uso dei dispositivi informatici: è il segno evidente di come spesso ci sia molta confusione nella conoscenza di internet. E’ necessario, dunque, aumentare la consapevolezza degli utenti come il dottor Marafioti si propone di fare in un intervento “tecnico”, volto ad evidenziare i pericoli della Rete ma anche i modi per difendersi. Dai pericoli connessi al furto dei dati al cyberbullismo dalla pedofilia alla diffusione della messaggistica spam: tanti i pericoli che si celano in rete ma anche tanta la disattenzione di chi rivela le proprie password o risponde ingenuamente a mail o annunci che si rivelano frodi. Marafioti svela trucchi, ammonisce con vigore e colpisce l’attenzione anche con le immagini, ma soprattutto sottolinea il punto dolente: la necessità della formazione: “La lacuna di oggi è la mancanza di una cultura digitale”.
I media e la visione del mondo
Di impronta non tecnica ma umanistica è la riflessione di Elisa Manna, responsabile del Settore Politiche Culturali del Censis e autrice di diversi testi tra cui il recente “Anima e byte” incentrato proprio sul rapporto tra i media e i valori relativamente alle nuove generazioni. Ella sperimenta e ha sperimentato, nel corso del suo lavoro, la difficoltà di porre al centro delle decisioni politiche la tutela delle nuove generazioni, ma anche degli adulti, rispetto alle minacce che vengono dai media. Essi sono strumenti potentissimi ma modificano la visione del mondo degli utenti. I media abituano ad un linguaggio semplificato e quindi ad un’idea semplificata, schematica, di idee complesse come l’amore, la sessualità, l’immagine della donna. È, inoltre, in atto un processo di desensibilizzazione per cui si rischia di non avere più la capacità di entrare in empatia con chi soffre. Un altro rischio è l’appiattimento sul presente: i ragazzi che postano foto di sé in pose imbarazzanti possono pensare che siano divertenti ma non la penserà così un datore di lavoro che dovrà scegliere se assumerli in futuro. E, da ultimo, un invito forse un po’ spiazzante per l’uditorio: “leggete libri importanti”. In futuro i ragazzi non potranno pensare di puntare sulle loro competenze digitali che piuttosto li rendono simili ai loro coetanei ma la differenza sarà data dalle capacità critiche di ciascuno.
La conclusione del convegno è riservata alle parole dell’arcivescovo, mons. Giuseppe Fiorini Morosini, che, dopo aver scherzato un po’ con i ragazzi, li invita a non rinunciare, presi dalle tecnologie, a vivere l’esperienza del gruppo, relazioni non esclusive con i coetanei. È ancora questa l’esperienza fondamentale anche per i nativi digitali.