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La fede oltre il visibile: accoglie, spera, attende

Granelli di Senape

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La parola di Dio della XXVIII domenica del tempo ordinario non solo ci parla della fede, ma ci immerge in essa e ce la dona come nostra guida. Tutte le letture, infatti, parlano dell’importanza di questa virtù teologale nel nostro cammino cristiano. La fede è vita come ci ricorda il profeta Abacuc: «Il giusto vivrà per la sua fede», questa definizione nasce dal dialogo tra il profeta e Dio. Davanti alla visione di violenza e oppressione lunga l’uomo che si ritiene giusto invoca il Signore, ma non si sente ascoltato e accusa Dio di rimanere spettatore. Il Signore risponde rassicurando il profeta con una visione, il suo intervento non è immediato, richiede pazienza, in questo periodo di attesa soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede. La fede, dunque, è il nutrimento del giusto nel periodo in cui l’intervento di Dio non è immediato.
Hanno fame gli apostoli quando si avvicinano a Gesù e gli chiedono: «Aumenta la nostra fede». Questa domanda porta con sé due importanti indicazioni: la prima rivela il pensiero e le aspettative degli apostoli, la fede è una realtà dinamica; la seconda, la possibilità che la fede dipenda dall’intervento di Gesù. A questa richiesta Gesù risponde con due sentenze, attraverso la prima fa capire che se da una parte è vero che la fede deve crescere, dall’altra la fede in sé stessa, anche se piccola quanto un granellino di senape, ha un potere straordinario, un potere che va al di là non solo delle forze umane, ma addirittura del pensiero stesso. Se una fede così piccola può mettere in movimento gli alberi cosa potrà fare una fede un po’ più grande.
La seconda sentenza sembra che non sia collegata direttamente alla fede, invece lo è, Gesù, infatti, dopo aver parlato della potenza della fede si concentra sulla sua natura. Definendo la fede come un processo di consapevolezza ci conduce ad una apertura relazionale verso Dio. In questo caso la fede è un atteggiamento che il discepolo deve assumere continuamente. Gesù invita gli ascoltatori a fare riferimento alla figura del servo e ai suoi compiti, l’illustrazione avviene attraverso tre domande retoriche introdotte dal «Chi di voi». La risposta alle tre domande è ovviamente sempre la stessa: nessuno.
Nessun padrone si sente obbligato dall’obbedienza del servo, perché sa benissimo che tra il servo e il padrone c’è una differenza di ruoli e di compiti. La svolta nella descrizione della natura della fede avviene quando Gesù riprende le domande e tornando alla realtà degli ascoltatori dice: «così voi», in questo caso questa espressione non è più legata alla figura del padrone, ma a quella del servo. Gesù attraverso una descrizione parabolica ha chiesto agli ascoltatori di mettersi per un attimo al posto del padrone e da qui guardare la loro stessa situazione di servi, tornando alla realtà a cui appartengono devono riconsiderare il loro ruolo di servi e i relativi compiti, dal punto di vista del padrone. Tutto il lavoro che il servo fa non può essere assunto come pretesa nei confronti del padrone, non è il servizio in sé stesso che costringe il padrone a riconoscerlo e ricompensarlo, ma la bontà e la libertà del padrone che non essendo obbligato può riconoscere e ricompensare il servo.
L’espressione «siamo servi inutili» non deve essere riferita all’inconsistenza del servizio, ma serve a lasciare e rispettare lo spazio di libertà e bontà del padrone. La fede corrisponde a questo atteggiamento di libertà, è un movimento verso la libertà, attraverso la mancanza di pretesa si attende l’aiuto di Dio, sapendo che questo non è dovuto, ma completamente gratuito, libero e buono. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare, ma sappiamo che tutto questo non sarà sufficiente se Dio non interviene. La mancanza di fede si riscontra nel mettere alla prova Dio come il popolo d’Israele a Meriba, il quale si chiede implicitamente, come tante volte facciamo noi: «Dov’è Dio?». La fede viene presentata come spazio vitale dove prendiamo continuamente coscienza che la presenza di Dio non è un diritto, ma un dono.