Presentiamo a titolo esemplificativo una immagine femminile che costituisce un simbolo polivalente, la città-donna Babilonia di Isaia 47, punita da Yhwh per la sua presunta signoria che l’ha portata ad opprimere l’innocente. Essa viene descritta secondo i motivi letterari della prostrazione a terra, nudità, vedovanza e perdita dei figli, fallimento della magia e della sua sapienza. Il profeta, in particolare, insiste sulla visibilità della nudità, fonte di vergogna, con cui la metafora corporea diventa espressiva di una intimità violata o addirittura di una identità femminile negata. Non sembra trascurabile il fatto che la donna si denudi da sé piuttosto che subire tale mortificazione da parte di Yhwh o di qualche agente umano. Il contrappasso è così realizzato ma anche amplificato: Babilonia spogliava col suo imperialismo interi popoli, privandoli di autonomia e sostanze; adesso risulta evidente come la sua politica non solo è fallimentare, ma contiene in sé un principio di autodistruzione. Chi denudava è costretta a denudarsi non solo perché il giusto Giudice ristabilisce il diritto leso, ma anche per mostrare come nella storia i crimini commessi ai danni degli altri innescano processi rovinosi che annientano dal di dentro chi li ha compiuti.
Se la figura femminile fin qui descritta ha la funzione di rivelare che l’orgoglio di cui Babilonia si è nutrita non è la via della vita, possiamo rinvenire nel medesimo processo di umiliazione alcuni elementi positivi, che rendono la figura femminile quel simbolo plurimo annunciato. Isaia, partendo dal dramma di una vicenda fallimentare, riesce a suscitare sentimenti di pietà e a tratteggiare le linee della speranza. È possibile parlare al cuore di Babilonia perché è possibile parlare al cuore di chi soffre, qualunque sia il motivo dell’altrui dolore, in nome della condivisione di tale condizione. Da questa compartecipazione nasce il bisogno di trovare uno sbocco, una via d’uscita da ogni sofferenza, che conduce all’affidamento al Signore e all’accoglienza della salvezza. Ecco che la vicenda di Babilonia diventa un richiamo anche per il proprio itinerario penitenziale e per la ricezione del dono di Dio. Ciascuno di noi è come Babilonia perché vuole prevalere. L’umiliazione di questo sogno di sopraffazione è esperienza di salvezza. Il ruolo della donna è così riscattato e acquista un valore sapienziale: Dio vuole che si rifletta, si usi la sapienza non per autoesaltarsi, ma per ricavare da ogni storia un messaggio di speranza che apra alla comunione con Lui e alla fraternità con tutti.
Antonino Sgrò