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L’omelia di Morosini: «La vita di Gabriele è stata un raggio di sole»

Dell’Arcangelo Gabriele, messaggero di grandi annunzi, egli ha portato il nome, vivendo nella sua vita ciò che questo nome esprime: forza di Dio. E di forza e coraggio Gabriele ne ha dimostrata tanta, pur attraverso un carattere timido, pauroso qualche volta di non essere accettato e accolto da chi gli stava davanti. Era giunto al nostro Seminario nel 2015, presentato a me ed al Rettore da un altro Vescovo che lo aveva accolto e ne aveva sperimentato le buone attitudini e le buone intenzioni. Ha iniziato con noi il tempo necessario di verifica, e quest’anno sarebbe dovuto essere l’anno del diaconato e il prossimo l’anno del presbiterato. Non è stato così. Il Signore ha voluto lasciare solo come desiderio e come progetto la sua vocazione, gioiosamente accolta da lui, fortemente amata, interiormente coltivata.
Ed è meditando questi tre aggettivi (accolta, amata, coltivata) che riusciamo a capire la buona notizia di salvezza e di speranza che Gabriele, inviato da Dio nel nostro seminario, lascia a tutti noi. Ed è accogliendo questi aggettivi (accolta, amata, coltivata), che possiamo rendere più salda la forza che Gabriele ci dona per vivere la nostra fede e la nostra vocazione. Forse era tutta qui la sua missione in mezzo a noi, nella Chiesa di Dio, che è in Reggio-Bova, lui originario di Lipari: la missione di ricordarci che per la vocazione bisogna giocarsi tutto nella vita, con entusiasmo, con dignità, con lealtà, ma soprattutto con fedeltà, senza compromessi. Bisogna dare tutto, senza giocare con il Signore e con se stessi, ritirando poco per volta il tutto che si è dato.
Egli è passato nel nostro seminario come un raggio di sole che squarcia nel cielo un cumulo di nubi si illumina ed illumina e poi improvvisamente sparisce. Ma ha lasciato di questo raggio quella pienezza, che dona il tutto di una vita: voleva essere sacerdote a tutti i costi. Ed è proprio la rapidità e la pienezza di questa luce che oggi ci interroga e ci spinge a vedere in questo bene durato così poco un dono di Dio da accogliere e da custodire. Lo dico a me stesso per la mia fedeltà come vescovo, essendo stato chiamato ad una totalità più vasta, lo dico a voi sacerdoti, spesso in sofferenza per essere messi nel calderone delle notizie più delegittimanti, lo dico a voi seminaristi, che aspirate come Gabriele alla stessa vocazione e camminate con lo stesso desiderio.
Certo, come ci ha detto la Parola di Dio con la prima lettura, noi non interroghiamo Dio sul perché di questa morte, che noi definiamo prematura. Ma davanti a Dio non c’è niente di prematuro, perché la vecchiaia non si misura dal numero degli anni, ma dalla compiutezza del proprio percorso, o della propria vocazione, dal compimento di quel fine per cui Dio ci ha creati. Un fine che rimane nel mistero, che non riusciamo mai a svelare fino a quando noi rimarremo quaggiù: Il giusto, anche se muore prematuramente, troverà riposo. Vecchiaia veneranda non è la longevità, né si calcola dal numero degli anni; ma la canizie per gli uomini sta nella sapienza e un’età senile è una vita senza macchia (Sap 4, 7-9). Il progetto di Gabriele doveva essere quello di raggio di luce che si illumina veloce traccia un breve cammino, rivela alcune cose e poi sparisce.
So che questo non è di grande consolazione per la mamma e per quanti gli hanno voluto bene. Ma la fede non ci fa andare al di là di questa verità. Amato da Dio, guidato da Dio, egli è con Dio: nessun tormento lo toccherà. Era consapevole di ciò Gabriele, per cui ha confessato al Rettore qualche giorno fa che non aveva paura di morire. Il Signore affligge, ma non abbandona. Gabriele ha risposto con fede alla prova della malattia, rendendo vero il significato che il suo nome ha nella radice ebraica: Dio è forte, ed in lui Gabriele, forza di Dio, è stato forte.
Una fortezza che ha caratterizzato la sua ricerca e il suo cammino vocazionale, irto di difficoltà, che solo dopo che è giunto qui al nostro Seminario ha avuto un cammino più sereno e più tranquillo. Per averlo reso tale ringrazio il Rettore D. Sasà e tutta l’équipe educativa e i suoi compagni di cordata gli altri seminaristi che lo hanno accolto ed aiutato nel cammino di ambientazione. Il suo volto, però, nel ricordo delle sofferenze del passato aveva sempre uno sguardo interrogativo; così io leggevo nei suoi occhi, quasi a chiedermi: mi accoglierai? Ce la farò?
Pausa di serenità e di forza e di incoraggiamento è stato il servizio pastorale che ha reso in questa parrocchia, dove voi lo avete accolto con amore e lo avete sostenuto tutti, parroco, collaboratori, giovani ed anziani. Grazie per questo amore. In mezzo a voi egli si sentiva già sacerdote.
Ora è accanto a Gesù, sommo ed eterno sacerdote: Giunto in breve alla perfezione, ha compiuto una lunga carriera. La sua anima fu gradita al Signore. Partecipa alla liturgia solenne del cielo, ove con Gesù intercede per noi presso il Padre, esercitando con Gesù il suo sacerdozio battesimale a beneficio di tutti noi, della mamma e di tutta la famiglia.
Ma soprattutto per noi sacerdoti e seminaristi. Ho detto pocanzi che in lui la vocazione accolta, amata, coltivata e rimasta un desiderio incompiuto. Oggi a noi sacerdoti, che abbiamo avuto la gioia di averla compiuta la vocazione, ci ricorda il monito di essere gelosi di essa, di custodirla con fedeltà, di rispondere generosamente a questo dono. Ci ripete oggi dal cielo, in questo momento difficile della vita della Chiesa, in cui alcuni si mostrano infedeli ad essa: videte vocationem vestram. Riflettete sulla vostra vocazione, custoditela gelosamente perché essa è contenuta in vasi molto fragili.
A voi seminaristi, che state camminando verso la meta, raccomanda uguale fedeltà. Vi ricorda il suo desiderio rimasto incompiuto, mentre voi state camminando verso la realizzazione del vostro progetto e desiderio. Vi invita ad essere seri e a scegliere con amore e responsabilità. Dice anche a voi, cari seminaristi: videte vocationem vestram. Non sciupate la vostra vocazione, come non l’ho sciupata io tra tante difficoltà e problemi; vi dice ancora: io ho tanto desiderato arrivare alla meta e non mi è stato concesso. Voi se arrivate ad essa non sciupate la vostra vocazione, non traditela mai.
In questo momento voglio pensare a Gabriele che sta con Gesù e con Maria. Anche Maria partecipa del sacerdozio di Cristo e con lui intercede per noi presso il Padre. Ai piedi della croce essa ha avuto in consegna Giovanni, il discepolo prediletto. La Madonna custodisca tutti i chiamati, perché a lei, al suo fiat, alla sua dedizione a Gesù si ispirano tutte le persone chiamate ad una vocazione di speciale consacrazione. La vocazione di Gabriele ora è nelle mani di Maria. Lei lo associa alla sua funzione sacerdotale, che è quella di intercedere per tutti i sacerdoti.
Gabriele in paradiso con Maria intercede per tutti noi. Per la sua parrocchia di arghillà, per il suo seminario, per il suo rettore, per il suo vescovo e per il suo presbiterio. Intercede soprattutto per la sua mamma. Signora, è soprattutto a voi che ho pensato quando ho scelto questa pagina di Vangelo. Sentitevi come Maria ai piedi della croce che offre a Dio il suo unico Figlio.
Anche voi state offrendo la vita di Gabriele a Dio. Offritela come ha fatto Maria per la salvezza dell’umanità. Offritela per i sacerdoti; offritela per questi seminaristi. Pregate per ognuno di essi. Quando ognuno di loro arriverà ad essere sacerdote, lo sarà anche per Gabriele e con Gabriele, perché certamente il suo ricordo non si cancellerà mai dal loro cuore.
Gabriele, a te dico arrivederci in paradiso. Grazie per il raggio di luce che sei stato per noi. Ora goditi la luce eterna.

+ p. Giuseppe