Cerca
Close this search box.

L’annuncio, «il tempo è compiuto e il Regno è vicino»

«Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino»: con queste parole comincia l’annuncio di Cristo, che presenta i tratti dell’autorità di un vero profeta. Un annuncio che Gesù compie nella Galilea delle genti, cioè non più nel deserto, come aveva fatto Giovanni il Battista, ma nei meandri e nelle vie tortuose dello scorrere quotidiano della vita, luoghi anch’essi che spesso conoscono l’aridità e quindi bisognosi di vera felicità. L’espressione inziale della predicazione di Gesù non è per niente una minaccia di morte, un annuncio della fine del mondo. Quel «tempo è compiuto» non vuole indicare una catastrofe imminente e distruttiva, ma l’inizio di un nuovo Regno, di un nuovo tempo favorevole (kairos) per accogliere la salvezza, non più da intendere come qualcosa di irraggiungibile, trovandosi a un tiro di sasso e sotto gli occhi di tutti, perché «vicino» e addirittura «già qui in mezzo a noi». Per ottenere la salvezza è indispensabile aprire gli occhi e soprattutto il cuore, bisogna cioè cambiare testa, cambiare modo di pensare (metanoia) e di agire. Da qui l’invito a una conversione, che non sia semplicemente epidermica, fondamentale, radicale. Tale conversione è strettamente inscindibile da un’altra azione: «Credere al Vangelo». Credere non indica l’accettazione di una dottrina astratta, ma di una persona viva e vera, da conoscere, seguire e amare. Il Vangelo allora non è tanto un «libro» da custodire, venerare e incensare, ma un essere vivente che, se veramente accolto nella vita, può cambiare in meglio tutto e tutti. Ecco perché è impensabile per noi, cristiani del terzo millennio, pensare che sono gli altri a doversi convertire, sono gli atei, i miscredenti, gli empi e i peccatori. La conversione riguarda tutti e quotidianamente ognuno di noi, nessuno escluso. Tutti dobbiamo sentire forte l’invito di Gesù a cambiare radicalmente il nostro modo di agire se vogliamo sperimentare la bellezza dell’essere e vivere da seguici di Cristo, unica vera gioia della vita. La conversione include poi una chiamata diretta, una vocazione da parte del Signore: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Qui cambia addirittura e completamente la natura della pesca ed emerge un atteggiamento inequivocabile: la fiducia piena e totale di chi accoglie la vocazione verso il chiamante, una fiducia incondizionata, incurante della propria vecchia esperienza, del proprio consolidato bagaglio di preparazione teorica e pratica, acquisito nel corso di tanti anni di mestiere. Si fidano e «subito lasciarono le reti e lo seguirono». Impressionante quel «subito» dell’adesione a Gesù senza alcun dubbio, senza alcuna esitazione, a differenza dei nostri innumerevoli dubbi e incertezze, ridondanti di un sacco di “se” e di “ma” e ricolmi di un mondo di “poi”. Avevano forse compreso una cosa tanto semplice quanto essenziale per la vita di ogni discepolo del Signore, che chi decide di seguire Gesù, sceglie di vivere nella gioia. In questa pagina del Vangelo viene allora indicata con chiarezza estrema, che solo nel seguire Gesù c’è la vera gioia, c’è la vera vita, e dunque, costi quel che costi, è Lui e soltanto Lui che dobbiamo seguire e amare, se vogliamo avere la felicità in questa vita presente e nell’eternità. Ma qui c’è anche l’inizio di una nuova comunità, della Chiesa, che è chiamata a diffondersi nel tempo e nella storia a macchia d’olio. Sono i primi quattro uomini, Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni, che getteranno le reti per una pesca che si rivelerà miracolosa per l’infinità di uomini e donne che, sul loro invito ed esempio, si metteranno anch’essi alla sequela di Gesù, per formare il nuovo Israele, il nuovo popolo di Dio, pensato, voluto e istituito da Cristo per la salvezza di tutto il mondo.