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L’annuncio del Vangelo, un messaggio sempre attuale

Già il Concilio Vaticano II nella Dei Verbum (al capitolo sesto) affermava: «La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture come ha fatto per il Corpo stesso di Cristo, non mancando mai, soprattutto nella sacra liturgia, di nutrirsi del pane di vita dalla mensa sia della Parola di Dio che del Corpo di Cristo». Sappiamo bene che «la Parola di Dio unisce i credenti e li rende un solo popolo», sicché quando nell’assemblea viene proclama la Parola del Signore è Dio stesso che parla al cuore di tutti. La scelta di vivere tale importante evento ecclesiale proprio in questa domenica non è per nulla casuale, ma ci viene offerta dal fatto che proprio oggi l’intera Liturgia ribadisce il primato della Parola nell’assemblea del popolo d’Israele prima e in quella di Gesù Cristo dopo. Il Vangelo odierno si apre con il cosiddetto prologo di Luca, dove lo stesso evangelista evidenzia con forza tutta la cura, l’attenzione e lo scrupolo con cui egli stesso ha voluto raccogliere per poi scrivere e trasmettere le parole e gli avvenimenti della vita del Signore, riferiti da testimoni oculari, che divennero i primi ministri della Parola, con l’intento di poter dare solide fondamenta agli insegnamenti divini, indispensabili per una fede solida e sicura nella verità. Luca scrive a un tale denominato Teofilo. Gli studiosi sono concordi nel dire che la scelta dell’evangelista mira a far comprendere che gli ascoltatori della Parola di Dio sono da considerare solo ed esclusivamente persone amate da Dio e che amano Dio, e tali dovremmo sentirci e dichiararci noi, che a distanza di due millenni siamo oggi gli ascoltatori della Parola che libera e salva. La seconda parte del vangelo racconta l’episodio di Gesù all’interno della sinagoga di Nazareth. In esso sono narrati cinque movimenti di Gesù (come cinque sono i libri del Pentateuco), che esprimono inequivocabilmente il suo atteggiamento da nuovo rabbino, fortemente autorevole e per questo unanimemente ascoltato e apprezzato. Il brano proclamato ad alta voce da Gesù dice la sua missione: «mi ha mandato ad annunciare ai poveri il lieto annuncio, a proclamate lai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista, a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore». Un annuncio che sa di liberazione, di rinnovamento, di risurrezione. Non ci sfugga la scelta dei destinatari, persone in difficoltà, che papa Francesco indica oggi come le «periferie esistenziali del mondo». Non annuncio di promesse da buonismo a buon mercato per i meno fortunati di noi, ma proclamazione di una rivoluzione interiore e spirituale senza paragoni. Si tratta dello stesso annuncio, con parole e fatti diversi, che i vangeli di domenica in domenica ci riferiscono, e che è sempre attuale. Infatti ogni volta che proclamiamo o ascoltiamo il vangelo facciamo la stessa esperienza di quanti quel giorno si trovavano nella sinagoga di Nazareth, da dove parte l’annuncio della salvezza che si estende fino gli estremi confini della terra. L’annotazione «gli occhi di tutti erano fissi su di lui» non può non toccare il nostro cuore: guai a noi se la Parola di Dio non rapisce e orienta i nostri sguardi e soprattutto il cuore verso Gesù, maestro e liberatore dell’intera umanità.