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L’Amore, vera casa della famiglia

Una famiglia

Si trattava dell’offerta dei primogeniti maschi, sia uomini che animali, a Yhwh che nell’evento della liberazione dall’Egitto aveva risparmiato i primi nati degli Ebrei dalla furia dell’angelo distruttore. In un secondo momento la Legge ne previde il riscatto, mediante il pagamento di cinque sicli d’argento. Gesù però non viene riscattato con il pagamento di una somma di denaro, perché sarà Lui a riscattare con la propria vita il popolo dal peccato; Egli in realtà viene presentato al Padre come già Santo fin dalla nascita, adempiendosi così le parole dell’angelo a Maria: «colui che nascerà sarà santo». A questo rito Luca aggiunge come concomitante quello della purificazione della donna dopo il parto, poiché nascita, morte, seme e ovulazione erano collegati ai riti di purificazione per la loro sacralità; in realtà anche qui emerge il dato teologico del Signore che entra nel suo tempio e lo purifica con la sua presenza.
La famiglia di Nazareth mostra piena consonanza con le usanze religiose ebraiche; essa mostra ancor di più di scegliere di «dimorare dentro un amore più grande della mia casa, quello di Dio» (Ermes Ronchi). La vita della famiglia va affidata a Dio, perché pensare di gestirla in maniera autodiretta significa consegnarla non alla armonica sapienza del Padre celeste, forte e al contempo tenera, quanto piuttosto alla contraddittoria pedagogia umana, spesso rigida e fragile insieme. Che insegnamento grande per tanti genitori che non si lasciano neanche sfiorare dall’idea di condurre una vita familiare ispirata dall’ascolto della Parola e dalla sapienza di Dio!
Di ascolto e sapienza sono intrise le parti successive del testo, che presentano le figure di Simeone e Anna e la vita ordinaria della Santa Famiglia a Nazareth. I due anziani possono facilmente essere assimilati ai nonni, che dovrebbero occupare in seno alla famiglia un ruolo insostituibile, e non solo per il fatto che oggi più che mai foraggiano con la loro pensione giovani nuclei familiari in difficoltà. I nonni hanno tempo per ascoltare a parlare mentre i giovani corrono, e Simeone, il cui nome significa “docile all’ascolto”, ha ascoltato dallo Spirito l’indicazione «che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore». I nonni attendono costantemente e con pazienza la visita di figli e nipoti, e Simeone, descritto da Luca come “aspettante” questo Figlio di Dio, vive persino gli ultimi anni, quelli del disincanto, senza mia perdere la speranza che si adempia la promessa di Dio. La sua fede resiste al tempo che passa fino a quell’ultimo passo percorso “nello Spirito” verso il tempio, che gli permette di vedere la sua ragione di vita. La fedeltà di Dio e la fedeltà dell’uomo si incontrano in un abbraccio, e l’uomo che vede compiersi il senso della propria esistenza rivela una sapienza inaudita: Simeone non chiede più vita, non si attacca disperatamente all’esistenza fisica, attacca soltanto le braccia a quel Bambino, pronto a perdere il frammento di vita che gli rimane nel Tutto dell’Amore, riconosciuto come salvezza, luce, gloria. La novità di Gesù è profetizzata da Simeone nel presentare ulteriormente il Bambino come inviato «per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione». Cristo è venuto a svelare i pensieri contraddittori di molti cuori ostili al bene e, smascherandoli, a invitarli all’obbedienza alla verità. Questo comporterà la sua persecuzione fino al dono della vita, e anche la madre verrà associata sulla croce a questo sacrificio di salvezza, ricevendo l’annuncio profetico che il suo amore sarà reso fecondo dal dolore.
Amore e dolore costellano anche la vita della profetessa Anna, rimasta vedova, senza alcun appoggio, sin da giovane. Ella trova appoggio solo nell’amore di Dio, che la rende instancabile annunciatrice della Parola: «Solo l’amore ti fa svegliare all’alba, ti fa andare a letto tardi, ti rende instancabile. E lei amava, amava Dio e amava tutti coloro che Dio gli faceva incontrare dentro il suo servizio. Amava ed era felice solo per questo» (Nicolina Cuzzocrea).
Un amore tutto da contemplare nella scena finale, solamente accennata, della vita ordinaria della famiglia di Nazareth che, osiamo dire, non ha niente che le altre famiglie non possano avere, cioè il vivere nell’amore di Dio.