{module AddThis}I discepoli sono stati chiamati da Gesù sono rimasti con lui, hanno ascoltato quello che Lui ha detto, hanno visto quello che Lui ha fatto, l’hanno seguito, ora vengono mandati in missione. Dove? Come? Perché? A chi? Alla prima domanda non risponde il brano evangelico che si concentra molto sul come e in misura minore sul perché, le risposte ci vengono dalla prima lettura e dal salmo responsoriale.
Il sacerdote Amasia, infatti, pretende di avere l’autorità di decidere dove il profeta Amos deve profetizzare: “Vattene, veggente, ritirati verso il paese di Giuda ….., ma a Betel non profetizzare più.”. Sorprende che un sacerdote in una città il cui nome significa “casa di Dio” motiva la sua minaccia non dalla volontà di Dio ma da indicazioni umane strettamente legate alla presenza e al potere del re: “Perché questo è il santuario del re ed è il tempio del regno”. Chi e che cosa ci vuole per profetizzare in alcuni ambienti in cui l’uomo ha occupato il posto di Dio e in cui l’autorità umana da decidere chi può parlare e magari anche che cosa dire? Semplice ma chiara la risposta di Amos: “Il Signore mi prese da dietro il bestiame e il Signore mi disse: va profetizza al tuo popolo Israele”. Solo Dio ha il potere costituire il profeta e solo Lui decide cosa il profeta deve dire, altrimenti non c’è profezia ma solo il tentativo di assumere il potere di Dio. La profezia e l’annuncio evangelico, ci ricorda il salmo, nascono dall’ascolto del Signore e non dall’ascolto delle “esigenze” umane.
Gesù si è recato a Nazareth e lì è stato rifiutato, ha rivelato un’autorità profetica che gli permette di mandare gli altri, la missione del Maestro viene ripresa e moltiplicata con l’invio dei dodici, la chiamata stessa è, qui, orientata alla missione. Il brano è complesso è per una migliore comprensione ci conviene dividerlo, un primo versetto (V. 7) d’introduzione in cui Gesù costituisce con autorità e invia; una parte centrale in cui un direttorio per la missione viene diviso in due parti, come partire e come vivere l’accoglienza incontrata; una parte finale in cui il narratore riassume l’esecuzione della missione.
Il versetto sette non è solo un’introduzione, anzi, Gesù con autorità chiama e invia, l’invio è qualificato dal numero dei membri nella missione e dal potere sugli spiriti impuri, per quanto riguarda l’invio in coppia, Gesù si conferma la regola biblica necessaria alla testimonianza e all’autorità di chi annunciava: “Chi testimonia da solo è poco credibile. Ogni testimonianza deve basarsi su almeno due testimoni” (Cfr. Dt 17,6; Nm 35,30). “Diede loro potere sugli spiriti impuri”, sembra una frase di transizione in realtà è l’enunciato su cu Gesù fonda tutto il resto. Quasi tutto è lasciato alla libertà degli inviati, ma per esercitare questa libertà è necessario dotarli della cosa di cui più hanno bisogno e che non dipende dalla loro capacità. L’applicazione del direttorio missionario dipende dalla loro libertà ma non questo, quest’autorità è riservata solo a Gesù e coloro che da Lui ne sono resi partecipi. Mettendo questo dono all’inizio, Marco ci vuole far capire che questo potere è fondamentale per la missione.
La prima raccomandazione riguarda l’equipaggiamento e l’abbigliamento degli inviati. Ci son cinque negazioni e due eccezioni. Gesù chiede di non portare provviste e neppure un abito di riserva, esse dipendono dall’ospitalità della gente, in questo modo aumenta la possibilità di contatto con le persone e la condivisione della vita reale. Per quanto riguarda le eccezioni, il bastone è segno di autorità, accompagna ogni persona che cammina con passo sostenuto, per un mandato o una missione.
Nella Bibbia il bastone appartiene a una persona e determina fino a un certo punto la sua identità. Il termine greco per indicare sandalo ricorre quattro volte nell’Antico Testamento e contrasta sempre con il termine più frequente di scarpa. Il sandalo è una calzatura leggera, che s’indossa per andare a una festa. Nell’Antico Testamento i termini ricorrono insieme in Esodo 12,11: “Ecco in qual modo lo mangerete: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi e il bastone in mano; lo mangerete in fretta. È la Pasqua del Signore!”. Si può cogliere una doppia risonanza, si tratta di una festa verso la quale si sta andando, quella della Pasqua, e si tratta di fare eco a quello che dice il profeta “Come sono belli i piedi del messaggero che ….” (Is 52,7), questo allineerebbe i dodici a Gesù persona e alla sua predicazione del “Vangelo di Dio” dicendo a tutti il “Regno di Dio”.
Nella seconda serie di raccomandazione Gesù invita i discepoli ad accettare la prima accoglienza che gli viene offerta senza voler fare una scelta “andando di casa in casa”. Il discepolo parte per la missione molto vulnerabile e dall’accoglienza che incontrerà, ma è anche rivestito di una parola di autorità decisiva: il potere di escludere da parte di Dio, un gesto che colpisce chiunque rifiuta di credere.