Scrive nella sua introduzione Giuseppe Marco Salvati della Pontificia università San Tommaso d’Aquino: «Non è mai stato semplice dare un senso alla sofferenza presente nella vita delle creature. Da sempre essa costituisce, insieme alla morte, lo ‘scoglio’ contro il quale naufraga la ragione, che non riesce a trovarne il significato e l’utilità. Tante volte, i limiti tragici dell’umano diventano occasione per entrare in conflitto con Dio, o per proclamarne la non esistenza o l’indifferenza nella storia. Eppure, da duemila anni i cristiani propongono il Crocifisso come un simbolo fondamentale della loro religione. Con il segno della croce, danno inizio o conclusione a tanti loro atti condivisi o personali, nei luoghi di culto o negli ambienti privati, espongono questo emblema, perché ritengono che la croce non indichi solamente il dolore, le ingiustizie, i drammi, la violenza, le tragedie della vita, ma anche un certezza, che essi vivono grazie alla fede nel loro Signore: Gesù è risorto, ha vinto la morte, per garantire a tutti una vita senza fine, senza lotta, senza ombre, senza lacrime, senza ingiustizie, senza inimicizie».
Ecco allora la strada tracciata dal libro: «accompagnare il lettore lungo un itinerario teologicamente sapiente, richiamando anzitutto l’inscindibile legame tra passione e resurrezione nella storia di Cristo e nell’annuncio della comunità primitiva; e poi mettendo in evidenza la finalità salvifica dell’opera di Crifresco sto, che il Padre ha inviato per amore dell’umanità bisognosa, rendendolo solidale con noi. Il Figlio non solo condivide la nostra condizione umana, ma ci ama e desidera che la ‘via stretta’ della croce diventi per le creature motivo di riscatto dal peccato e porta di ingresso ad una nuova familiarità con Dio, possibilità di sperimentare una vita nuova, fatta di pace, di luce, di amore sincero verso Dio e di fraternità autentica». Un cammino alla luce della riscoperta di quella “Charitas” emblema del santo paolano. San Francesco «ci accompagna nella comprensione del mistero pasquale di Cristo.
La sua proposta di sequela penitenziale, riletta alla luce della riflessione biblica e teologica dei nostro giorni, vuole significare proprio questo accompagnamento ». La riflessione di monsignor Morosini si arricchisce di un’Appendice dedicata alla «monaca minima Suor Filomena Ferrer, vissuta nel XIX secolo. “Malata d’amore” per Sposo divino e protagonista di un’esperienza mistica singolare, fiorita sul terreno della sensibilità suscitata in lei dal Paolano».