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Il tesoro, la perla e la rete: le parabole del Regno illuminano la nostra vita di credenti

Le prime due, quelle del tesoro nascosto e della perla preziosa, sono molto simili e ci fanno riflettere su chi o su cosa noi facciamo dipendere la nostra felicità. Non ci sfugga la nota espressione “dov’è il tuo tesoro là sarà anche il tuo cuore”. I soggetti di queste parabole sono due persone che intanto dimostrano che hanno compreso il valore inestimabile di quel tesoro e di quella perla, e capiscono che vale la pena rischiare tutto pur di non farsi scappare quell’opportunità, pur di non perdere quell’occasione. La nostra riflessione, che ruota sul senso della nostra fede, che non può non essere supportata dalla Parola di Dio e illuminata dall’alto senso spiritale delle odierne parabole, ci porta a riconoscere che niente e nessuno può prendere il posto di Dio e che non c’è niente di più importante ed essenziale della fede in Lui.

Ma possiamo noi affermare in coscienza che davvero Dio è il nostro grande tesoro, che Cristo è la nostra perla preziosa? Possiamo dire che siamo veramente disposti a vendere tutto, a rinunciare a tutto, pur di non privarci della loro presenza? Le nostre liturgie sono spesso allietate e arricchite da numerosi canti che sono vere e proprie professioni di fede e dichiarazioni d’amore per il Signore, ma che poi nel concreto si rivelano lontani dalla vita. Uno particolarmente noto a tutti, ci fa cantare: “Tu sei la mia vita, altra io non ho, tu sei la mia strada, la mia verità, nella tua Parola io camminerò finché avrò respiro”. Ogni volta che lo canto mi chiedo: non starò dicendo forse una grossa bugia? Posso dire che solo Dio è la mia vita (ossia il mio tutto) e che sono disposto a seguirlo sempre senza esitazioni o infedeltà? Posso dire, parafrasando un’altra nota canzone, attribuita addirittura alla grande mistica Teresa d’Avila, che niente mi turba, niente mi spaventa, e che solo Dio mi basta? Dobbiamo affermare che la logica del mondo si fonda su parametri diametralmente opposti, che considerano la ricchezza e il denaro il vero “ago della bilancia”, il fulcro su cui fondare tutti i sistemi politici, economici e sociali, al di là della loro provenienza o produzione. Basta pensare alla compravendita di armi, al traffico di organi umani, alla tratta di essere viventi, tutto giustificato nel nome del dio denaro.

Anche le altre due parabole hanno un filo rosso che le lega insieme: la prima è quella della rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci senza distinzione e l’ultima ci parla di quel tizio che estrae dal suo tesoro cose antiche e cose nuove. Entrambe sottolineano che non è possibile a priori fare distinzioni, o peggio preferenze, di cose o di persone. Infatti nel primo caso, nell’unica grande rete vengono raccolti pesci buoni e cattivi, mentre nell’altra dall’unico grande tesoro vengono fuori cose nuove e cose antiche. Come non ricordare l’insegnamento della parabola di domenica scorsa, del grano buono e della zizzania? La conclusione ritengo sia chiara per tutti: spetta a noi intanto saper distingue i pesci buoni da quelli cattivi e le cose nuove da quelle antiche. Per questo serve un dono spirituale, oggi divenuto sempre più raro, che è il discernimento, ossia la capacità di distinguere il bene dal male, il giusto dall’ingiusto. Illuminati da un senso vero di discernimento, riusciremo ad avere un atteggiamento equilibrato, la giusta pazienza e misericordia per le cose che non sono sempre belle e buone, ma anche la forza e il coraggio di scegliere solo ciò che è buono e giusto, e testimonieremo che solo Dio è “il nostro bene, tutto il bene, ogni bene” (san Francesco d’Assisi), per cui sapremo senza esitazione e con sincera gioia lasciare tutto e seguirlo. Anche la colletta di questa domenica raccoglie il senso del vangelo di oggi e ci fa pregare per avere la forza di mettere in pratica la parola ascoltata: “O Padre, che ci hai rivelato in Cristo il tesoro nascosto e la perla preziosa, concedi a noi il discernimento dello Spirito, perché sappiano apprezzare fra le cose del mondo il valore inestimabile del tuo regno, pronti ad ogni rinunzia per l’acquisto del tuo dono”.

Monsignor Giacomo D’Anna