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Il perdono del Padre è esempio di conversione per i figli

Come mai? La risposta è ineludibile: perché siamo veramente amati da un Dio che non ci tratta secondo i nostri peccati, ma ci perdona sempre, prendendosi cura di ognuno di noi con amore di padre. Ed è proprio la paternità di Dio a fare da protagonista nel vangelo di oggi. Chi di noi non conosce la famosa parabola del “figliol prodigo” o, come giustamente si preferisce dire oggi, del “padre misericordioso”? Una parabola così nota che oramai non ci stupisce più e che forse preferiamo considerare un raccontino evangelico per bambini del catechismo, quasi una favoletta per attirare la simpatia dei più piccoli. Infatti, che fatica facciamo a credere che il nostro Dio è proprio come quel papà che manifesta la sua magnanimità e tenerezza per tutti i suoi figli, per quelli disgraziati e disonesti come il primo, ma anche per quelli seri e servizievoli, come il secondo. Come non riconoscersi in entrambi! Siamo anche noi come il primo figlio ogni qual volta pensiamo di poter fare a meno della figura paterna, di poter star bene fuori di casa, di poter cercare lontano la libertà e la gioia. Ma siamo anche simili al secondo quando da figli maggiori vogliamo egoisticamente tutto per noi e considerando opportunisti e ingiusti tutti i nostri fratelli.
Leggendola in chiave quaresimale, la parabola ci permette di comprendere la vera identità del nostro Dio, da non considerare giustiziere e vendicativo, come purtroppo tante volte ci è stato indicato da quanti nelle nostre chiese e persino nelle nostre famiglie ci ammonivano: “Se fai così, Dio ti castiga”, inculcando in noi l’idea di un Dio che non ti dava scampo, oscurando la bellezza del volto di un Dio padre buono e paziente. Questo ci veniva ricordato già domenica scorsa nella parabola del fico sterile. Il Signore ci offre sempre un’altra possibilità, ci dà sempre un tempo favorevole per poter ritornare, nella certezza di essere sempre da Lui accolti con gioia.
Papa Francesco ci ha insegnato quanto anche oggi la Chiesa debba essere “in uscita”, sull’esempio del padre che per primo si è mostrato “in uscita”. Un padre che esce ad accogliere e abbracciare il figlio che era ritornato dopo “aver cercato la libertà lontano ma, dopo aver vagato tra la noia e le catene, si era ritrovato ben presto solo con la sua fame”. È lo stesso padre che esce di nuovo in strada ad accogliere e abbracciare il figlio il maggiore, quello che avrebbe dovuto aver più senno e comprensione, in particolare nei confronti del fratello scapestrato, verso il quale non mostra che grande insofferenza e profonda invidia, ostentando solo la sua mania di grandezza e il suo perbenismo, rinfacciando spudoratamente il suo non essersi mai allontanato da casa e l’aver sempre obbedito ai comandi a lui rivolti dal padre. Ancora oggi lo stesso padre, Dio, non esita “ad uscire” per andare incontro, abbracciare e far festa per i tanti figli prodighi che si decidono finalmente a ritornare a casa, ma anche per i tanti altri che si presentano indispettiti e irritati, preferendo restare fuori dalla casa pur di non partecipare alla “insignificante” festa preparata dal padre per la gioia della famiglia nuovamente ricostituita in unità.
Preghiamo affinché la Quaresima sia davvero tempo di conversione in tutti i sensi, che spinga tutti a riconoscerci figli prodighi, ossia bisognosi dell’amore misericordioso del padre, ma anche la bellezza di vivere la comunione con i fratelli e di far festa per il loro rientro nella casa comune, memori che “c’è più gioia in cielo per un solo peccatore che si converta che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione”. Solo allora la pace tornerà, la libertà trionferà e la gioia non ci mancherà mai più, anzi faremo di tutto per condividerla con gli altri, contagiando di essa il mondo intero.